Da molto tempo, ormai, tiene banco la questione terrorismo islamico connessa anche alle riflessioni sulla mancata integrazione degli immigrati. Il tema, nonostante sia di vecchia data, è ovviamente diventato ancor più di primaria importanza dopo quanto avvenuto a Bruxelles e a Parigi. Tra i personaggi impegnati in prima fila circa questi fatti vi è da anni Souad Sbai, la cittadina italiana nata in Marocco diventata famosa per le sue battaglie in difesa delle donne e per la sua determinazione. Non è una che va per il sottile o che si attiene al politicamente corretto; dice le cose senza filtri e ti sbatte in faccia la verità cruda e dura.
L’ho conosciuta in occasione di un convegno sulla sicurezza, che si è tenuto a Palermo, organizzato dal movimento politico “Noi con Salvini”. Durante i due giorni passati insieme ho potuto parlare a fondo con una persona che mi ha insegnato tantissime cose e mi ha dato spunti per approfondimenti necessari alla comprensione del fenomeno. Con un sorriso ed una gentilezza sorprendenti di cui porto testimonianza sincera, ha mostrato senza filtri la sua passione per la vita, per la verità e per la libertà. Durante l’intervista sono stati tantissimi i temi affrontati e non ho potuto e voluto tralasciarne alcuni; era fondamentale, a mio avviso, dedicare il tempo necessario all’ascolto delle sue parole e dei suoi racconti per comprendere un fenomeno che rappresenta una delle battaglie prossime più importanti della nostra civiltà.
Proveniente dal bellissimo Marocco, lei è cittadina italiana dal 1981. Quale percorso di vita l’ha portata in Italia e come ricorda i suoi primi anni?
Vivevo in Marocco, sull’atlantico, e provengo da una famiglia normale. Papà era un medico ed era socialista. Conobbi un ingegnere italiano, che era lì per lavoro, che poi ho sposato. Del mio arrivo in Italia ricordo la grande voglia di studiare la lingua e, per questo, mi iscrissi in una scuola. La famiglia di mio marito era di origine siciliana e mi sentivo come a casa; non è stato un cambio di vita difficile. Poi studiai all’Università La Sapienza; amavo e amo la letteratura ma alcuni docenti mi convinsero a studiare il diritto arabo comparato e, su questo, feci anche il dottorato a Caserta. Ho vissuto a Milano, Torino e poi mi sono stabilita a Roma.
Lei si è occupata della condizione delle donne islamiche in Italia anche ricoprendo l’incarico di Presidente dell’associazione della comunità delle donne marocchine in Italia. Cosa la portò a questo impegno e, rispetto al suo arrivo, sono stati fatti passi avanti?
Non ero venuta in Italia col pensiero di occuparmi delle donne; pensavo che l’occidente fosse all’apice dei diritti. Per me è stato umiliante sapere che le donne in Italia non avevano spazi e diritti e venivano segregate e rinchiuse. Avveniva proprio qui e, paradossalmente, non in Marocco. Dal mio arrivo le cose sono peggiorate, anno dopo anno. Quando torno in Marocco dalla mia famiglia mi dicono che in occidente siamo fuori di testa e ci stiamo facendo occupare da personaggi orribili. Davvero, avrei voluto far altro: studiare letteratura, fare il carabiniere, avevo altri sogni; e invece la vita mi ha portato su queste battaglie.
Può raccontarci qualcuna tra le tante storie di lotta, dolore e sottomissione che ha toccato con mano?
Senza voler fare un torto alle tante storie che non citerò e di uguale importanza, potrei fare l’esempio di Sanaa Dafani, sgozzata dal padre; oppure di Rachida Razi, uccisa dal marito e presa a martellate perché voleva diventare cristiana. Io ho vissuto il dramma di tutte queste donne e mi sono costituita parte civile in ogni processo; ma non ho mai visto, in tribunale con noi, quelle donne di sinistra che parlano tanto di tutela della donna.
Le femministe di sinistra? Eppure sembrano tanto orgogliose dei loro successi
Tante femministe dicono che hanno combattuto per la libertà ma lo hanno fatto solo per divorzio e aborto; e non sono vere battaglie, al massimo sconfitte. A questo femminismo io non appartengo. E lo ribadisco: io e quelle donne massacrate non abbiamo avuto nessun appoggio.
Da diversi anni lei è componente della consulta per l’islam italiano. Quale tipo di attività svolge attraverso questo organo?
Scusi se vado al sodo ma tutti i moderati, nove componenti, sono stati fatti fuori dalla consulta; compresa me. Abbiamo iniziato con Pisano e poi proseguito con Amato con cui facemmo un documento di sintesi della costituzione italiana; e questo non venne firmato dai componenti non moderati perché si prevedeva, ad esempio, l’uguaglianza tra uomo e donna. Con Maroni, successivamente, si è lavorato bene ma poi è arrivato Alfano e ha cacciato tutti noi moderati lasciando solo gli altri. E’ un paradosso. Forse non è opera sua ma dei funzionari, chissà; però un ministro dovrebbe controllare. Stavamo facendo un albo degli imam e delle moschee per operare contro il jihadismo. Poi, non so chi, forse i servizi segreti o chissà, ha deciso di tirarci fuori. Quindi non lamentiamoci del fatto che ora non c’è un islam moderato. Siamo stati traditi: noi eravamo pronti ad essere protagonisti.
Quello che mi sta raccontando è molto grave: perché è successo?
Interessi di vario tipo, forse economici. Ma se uno vende il suo Paese è un traditore. È stata demolita una parte di islam moderato. Qui, in Italia, il 70% dei musulmani non sono praticanti. Ci stanno imponendo un islam che non ha nulla a che vedere con quello non inquinato dagli estremisti.
Ecco, sugli estremisti. L’esserlo dipende da una loro interpretazione coranica, come se venisse preso alla lettera l’antico testamento nel caso della bibbia?
Si, certo, anche; ma il punto è proprio qui: lei non troverà mai nessuno al mondo che prenda alla lettera l’antico testamento. Il problema, però, non è solo in questo. Queste persone devono capire che vivono in occidente e se vivi in Italia devi rispettare il codice civile e penale. La religione viene dopo.
Molti dicono che il problema nasce perchè nei paesi arabi la legge religiosa e quella dello stato coincidono. E’ così?
Non sempre è vero! In Marocco, ad esempio, tutto è in mano al Re e lo stato è separato dalla religione; e non vi sono tribunali shaaritici. Perché l’Italia non capisce questo? Perché in Marocco vengono chiuse 250 moschee e in Italia le aprono? C’è qualcosa che non va e forse non va perché arrivano tanti, troppi soldi. Sono venuti anche da me per comprarmi e farmi tacere; ma io non sono in vendita. Lo devo alla mia coscienza e la mia dignità non è violabile.
Quali riflessioni l’hanno spinta alla scelta di fare la sua battaglia con il movimento salviniano?
A me piace Salvini e mi piaceva in tempi non sospetti. In passato ci hanno messo contro nelle trasmissioni ma, spesso, ci trovavamo d’accordo. Deve lavorare ancora tanto e bisogna vedere l’evoluzione della situazione nord – sud. Ma lui guarda nel futuro. Mi piace molto la sua politica anche se molti, in modo assurdo, si stupiscono di come una immigrata sia di centrodestra. Forse la sinistra pensa che siamo tutti degli stupidi con il panino in bocca e messi in piazza? Noi immigrati leggiamo, studiamo e capiamo. L’immigrato può essere di qualsiasi orientamento politico, come i cittadini nativi. La cosa divertente è che i compagni non sanno che il fondamentalismo islamico vota estrema destra e non sinistra. Gli immigrati non sono di sinistra: molti fingono di esserlo perché gli viene data in cambio qualcosa.
C’è chi nega ancora – è grottesco – una islamizzazione della società italiana e, in genere, europea. Eppure questa venne anche annunciata dal leader algerino Boumedienne in un famosissimo discorso all’ONU del 1974. Come giudica questa cecità e questo lassismo con cui si seguita a non prendere provvedimenti prima che, come in Belgio, sia troppo tardi?
Boumedienne voleva avvertire l’occidente ed è morto assassinato in Algeria quando, tornato dall’esilio in Marocco, ha affrontato il FIS e l’integralismo islamico. Gli hanno sparato. Ma non dobbiamo ricordare solo lui. In Algeria sono morte 380.000 persone per mano del terrorismo islamico: tutti i giornalisti, gli intellettuali, i presidenti delle associazioni; ma nessuno ne parla. Ho raccontato questa storia terribile nel mio libro “Le ombre di Algeri”. L’ultimo giornalista con cui ho parlato, Tahar Jaud, mi disse: “Souad, è finita. Perché non abbiamo più la possibilità di spiegare alle persone, con la lingua del cuore, l’arabo, questo male”. Lui era direttore di un bel giornale e questa è l’ultima frase che mi disse: “se parli, muori; se non parli muori. E allora parla e muori!”. Era vero e infatti in Belgio sono morti tanti che non hanno mai parlato. In Algeria ho conosciuto studiosi e ricercatori che si sono suicidati per non essere catturati e finire in mano ai terroristi. Questa storia nessuno la vuole raccontare ed invece andrebbe studiata per comprendere cosa ci aspetta.
Cosa pensa circa il fallimento di questo modello multiculturale che per anni è stato osannato come il migliore dei progressi?
C’è un errore di fondo: multiculturalismo significa tante culture. Può quindi, giustamente, essere motivo per ascoltare la musica cubana o mangiare il cous cous marocchino vivendo in Italia. Ma accettare positivamente tutte le culture non significa appiattirsi sul distruggere quelle di provenienza creando un blocco omogeneo. È sbagliato! Io amo il folklore e le tradizioni altrui; ma quando si tratta di stato e identità non intendo spostarmi neanche di un centimetro, specie se ciò porta dei danni. E non intendo dialogare su questo!
Molti problemi nascono perché chi viene accolto non rispetta e apprezza le tradizioni e regole di chi lo ospita. Si può avere integrazione in questo modo?
Molti, in Italia, vogliono fare politica islamica. E’ quello che sta succedendo in mezza Europa. In Danimarca ormai è finita, in Olanda hanno detto che non bisogna uscire con le minigonne. Loro ci impongono la loro volontà di mettere il velo alle loro donne ma noi non abbiamo più la libertà di vedere le nostre in minigonna. Ma la follia è che ciò avviene in Italia, in Europa, ma non in Marocco dove si vedono tante ragazze libere di vestirsi come credono.
Cosa pensa di quanto avvenuto in Siria e del comportamento tenuto dagli Stati Uniti?
Se non fosse stato per Putin oggi la Siria sarebbe un secondo Afghanistan; avremmo una guerra infinita e forse sarebbe piaciuto a certi personaggi americani. L’Isis si poteva battere in una settimana ma non è stato voluto. È divertente, per giustificare quanto avvenuto, sentir dire che Assad è un dittatore. Ma quale paese arabo non ha un dittatore? L’Arabia Saudita è democratica? Ma non ci facciano ridere! Se lo scopo sincero e nobile è il voler dare democrazia al mondo arabo, allora che si inizi dall’Arabia Saudita, dal Qatar e altri paesi. Ma poi in Siria vi è stata una bella multireligiosità e si conviveva in modo pacifico. Non ci crede nessuno alla storiella contro Assad. Hanno voluto fare una guerra per il loro fallimento in Nordafrica.
Le famose primavere arabe?
Sono stati inverni gelidi, non primavere. E a quelli che hanno combattuto nelle primavere arabe è stata promessa la Siria; ma la Russia ha contrastato il disegno. Nessuno di noi ci aveva creduto e avevamo ragione anche se ci davano dei pessimisti. Ci ha creduto solo chi aveva interesse economico e politico come la Francia.
L’imam di Bruxelles ha rilasciato interviste di comodo in Europa dichiarando che è contro tutta la violenza e gli atti avvenuti; e poi ne ha rilasciate altre a delle televisioni arabe dicendo che non è possibile pregare per i morti non islamici. Che dire?
Questa persona non dovrebbe nemmeno rimanere in occidente. È terrorismo, non stiamo scherzando.
Ma lei, contro tutto questo, cosa farebbe?
Intanto bisognerebbe integrare davvero le persone. Si speculano milioni di euro ma non un soldo viene speso per questo fine. In più bisogna controllare la seconda generazione perché è più pericolosa della prima essendo più radicalizzata. Bisognerebbe vietare l’ingresso sul territorio nazionale di personaggi ambigui, fare l’albo delle moschee e chiudere quelle nei garage. Dare il primo permesso di soggiorno con la pretesa che chi entra studi e parli la nostra lingua e, in più, condivida i nostri valori. Inoltre io credo che gli imam debbano parlare in italiano; non possono avere i piedi in Italia e il cervello in Afghanistan. E le moschee fuori controllo vanno chiuse senza se e senza ma; sennò, presto, avremo in mano solo un pugno di se e di ma.
Parole ovvie e di buon senso ma qualcuno seguita a dire che questo sarebbe razzismo. Cosa pensa al riguardo?
Me ne faccio una ragione e lo scriva. Ce ne faremo tutti una ragione. Quelli che ci chiamano razzisti sono quelli per i quali non andremo mai avanti.
A proposito di personaggi ambigui che arrivano in Italia. Spesso sembra che qualcuno gli stenda anche il tappeto rosso, no?
Guardi, tra meno di un mese arriverà in Italia Tareq Mohammed al-Saleh al-Suwaidan, che è un jihadista del Kuwait che tiene dei corsi e insegnerà in mezza Italia. Vuole ridere? E’ stato cacciato dal Marocco e non è gradito nella maggior parte dei paesi arabi; non può entrare in altri Paesi come Stati Uniti, Gran Bretagna e Belgio. Invece in Italia è libero di entrare e fare corsi agli imam per insegnare il valore della jihad. Questo è come il cavallo di troia. Ma un giorno, queste persone, non le vedremo uscire dal cavallo. Prima o poi questo cavallo ci scoppierà letteralmente in faccia. Sarebbe meglio correre ai ripari e pulire subito la polvere invece di metterla sotto il tappeto; altrimenti presto saremo come il Belgio.
Quanto avvenuto proprio in Belgio dimostra che Troia ormai brucia. Può l’Europa salvarsi oppure è troppo tardi?
Non è mai tardi, io ho sempre entusiasmo e speranza. E non lascerò fino alla morte la lotta contro questo oscurantismo ed estremismo che è un cancro per tutta la civiltà. Dicono che il dialogo interreligioso deve andare avanti; ma io non ho tempo di dialogare con chi non vuole. Quella gente non dialoga ma fa finta e prende tempo; e nel mentre avanzano. Io sto parlando con lei e in questo momento loro avanzano.