Ci credo poco, ma nelle ultime ore, forse, con l’attacco di Israele alle basi italiane, si è verificato un fatto che potrebbe cambiare le carte in tavola circa la ignobile sudditanza che chiunque è tenuto ad adottare verso Israele pena la minaccia morale di essere proscritto e definito come antisemita. La solita lagna inaccettabile che impedisce confronti, libertà di espressione, diritto di parola; siamo abbastanza stanchi di questa vergogna, e autorevolmente degni di rappresentare uno straccio di dignità come Paese e poi come singoli esseri pensanti a cui è costantemente impedito l’esercizio della libertà di espressione se questa non risponde all’obbligo di esser gradita al padrone.
Il padrone, infatti, non è tale per volontà divina, ma come risultato di un lunghissimo processo sovrastrutturato, manovrato nei decenni e pianificato a livello culturale; un processo per il quale chiunque, in ogni ambito, per non avere rogne, per poter fare carriera, per poter essere parte delle Istituzioni, per poter salire questo o quel gradino, deve ossequiare Israele, gli ebrei, la Segre, qualsiasi cosa dicano e facciano, e altrimenti vieni fatto fuori. E altrimenti sei nazista, e altrimenti sei fascista, non sei contro la Shoah. Ma basta, non se ne può più.
Nessuna persona onesta può negare questa inaccettabile condizione, che si è manifestata ad esempio, con questa patetica sceneggiata che a ogni giro ci viene riproposta, di opportunisti, ipocriti, o semplicemente servi nell’anima, che ad ogni occasione si fanno fotografare con la kippah sul capo. Oggi quel politico, domani il giornalista, sempre e comunque asserviti a ciò che va fatto per avere un posto al sole. Ecco io che non tollero l’autorità di alcuno sui miei diritti fondamentali, avevo già manifestato simili emozioni quando si ebbe a parlare della Senatrice Segre, che a tanti e quasi tutti sta molto antipatica, e però è vietato dirlo. E quindi io lo dissi. Perché il mio posto al sole è il mio diritto di dire quello che voglio.
I fatti di ieri parlano chiaro. La sudditanza strisciante con cui i camerieri si sono comportati da camerieri, ha generato il famoso effetto che risponde alla massima “tutti ti trattano come ti fai trattare”. Fai il lecchino oggi, fai il suddito domani, e piano piano abbiamo fatto percepire che non contiamo assolutamente nulla e che portarci rispetto, da parte di Israele, non è un contemplato. Fanno quello che vogliono perché gli è stato fatto capire che è così. Che possono fare quello che vogliono. Ed è la verità. Di cosa ci si lamenta oggi? Dove erano tutti quando costantemente, lentamente e inesorabilmente, si è andato a costituire un clima mafioso dove nessuno è libero di esprimere opinioni “altrimentiseiantisemitavergognatuappoggileleggirazziali”.
Guido Crosetto con troppo ritardo e con poca cultura, ha espresso il sussulto dello schiavo che sa di esserlo ma a un certo punto non ce la fa più. Ma è troppo tardi. Perché qui, invece del sussulto, ci vorrebbe una rivoluzione culturale a tutto tondo che rimetta a posto le cose per come devono stare. Ma per farlo, oltre al coraggio, ci vuole sapienza e conoscenza. Non essendo questo un saggio di storia mi limito ad alcuni punti fondamentali.
L’unicità della Shoah è un falso storico. Lo sterminio ha riguardato molti popoli, da sempre, e che “l’unicità della Shoah può essere capita e difesa solo sul terreno della teologia”, è stato abbondantemente affrontato da intellettuali di primo ordine come Alain Besancon. Invece, per scopi di dominio culturale e di egemonia, qualsiasi pagina di storia è stata cancellata sull’altare del poter studiare e parlare solo della Shoah come fenomeno unico. Si somma a questo la grave ipocrisia e ignoranza che ha fatto credere che l’antisemitismo sia un fenomeno novecentesco, perché è stato utilizzato dalla storiografia antifascista come scusa per mettere legna al fuoco delle critiche al regime, nonostante il ministro dell’economia Jung fosse ebreo e il rastrellamento del ghetto di Roma sia avvenuto otto mesi dopo l’arresto di Mussolini, cose che dovrebbero stimolare un approfondimento per capirci qualcosa in più. Dall’assedio di Masada ad oggi, infatti, l’antisemitismo andrebbe studiato con maggiore serietà che non essere ridotto a quattro scemenze sul periodo fascista, posto che la Chiesa Cattolica è stata antisemita fino alla visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma. Antisemitismo non significa antisionismo. Sono due cose completamente differenti e la clava e minaccia morale dell’antisemitismo, è stata usata per accumunare tutto e impedire alle persone, ai politici, agli intellettuali, a chiunque, di poter esprimere con diritto un antisionismo che, ricordiamolo, è anche di moltissimi ebrei. Moltissimi ebrei nel mondo sono antisionisti. E qualcosa vorrà dire. E qualcuno dovrebbe cercare di spiegare anche che è Israele, con il suo operato, che genera antisemitismo.
Adesso che Israele, sempre messo sotto le teche di vetro, sempre appoggiato, sempre ossequiato, sempre carezzato con queste manifestazioni insulse da schiavi di epoca feudale verso il padrone per chiedere un tozzo di pane; adesso che Israele spara sulle basi italiane perché gli è stato fatto capire che possono ammazzare i nostri soldati, che possono fare qualsiasi cosa perché noi siamo i cani e loro sono i padroni; adesso che fate, cani, abbaiate?
Eh, no. Siete ancora più ridicoli. Più ridicoli di quando in fila per due col resto di uno vi siete fatti fotografare con la Kippah a ogni occasione, per poi andare a magnare la pizza o la carbonara a Trastevere e nel privato delle chiacchiere tra amici, dicevate quello che pensate davvero su Israele. Fatelo alla luce del sole. O adesso o mai più. Che la misura è colma!