di Beniamino Manfredi Miconi
«Sono disperato. Mia madre disabile, la persona più importante della mia vita dopo la morte del papà e la sorella, ha 38 di febbre. Chiedo gentilmente che le sia fatto un tampone, ma mi dicono che lo fanno solo a medici e forze dell’ordine e di aspettare di vedere se i sintomi peggiorino. Però ai calciatori ed ai miliardari asintomatici viene fatto. Sono disperato, mi viene voglia di farla finita»
I conduttori cercano di far forza a Renato «non mollare, fallo per tua madre», ma quello che denuncia, con la voce rotta dal pianto, l’ascoltatore alla trasmissione di Radio 2 “I Lunatici” del 28/03, pare non essere un caso isolato. Già da più parti è emersa la inquietante realtà: la maggior parte delle persone sintomatiche con sospetto contagio di Covid-19 vengono lasciate a casa senza la possibilità di ricevere un test, il famigerato “tampone”, in attesa che i sintomi peggiorino (la soglia di allerta pare scatti con una febbre superiore ai 37.5 e la presenza di difficoltà respiratorie). Ma le testimonianze, sempre più numerose, parlano di difficoltà a ricevere un test anche dopo l’aggravamento delle condizioni.
È il caso, secondo quanto ci riferisce Il Giorno in un articolo del 21/3, di Emanuele, farmacista di Monza, che da giorni ha una febbre alta che non accenna a diminuire ed evidenti difficoltà respiratorie; ovvero tutto ciò che, secondo il protocollo attuale, sarebbe sufficiente per accedere al test per appurare la presenza del Covid-19. Ma niente, per lui solo la raccomandazione di stare a casa e rispettare la quarantena: «Mi sento abbandonato, tutta questa situazione è assurda».
Basta spostarsi di pochi km ed ecco la testimonianza di Manuela, riportata da BresciaToday: padre ricoverato in terapia intensiva dal 23 Marzo, madre e fratello, che vivono con il papà, in quarantena a casa, con quest’ultimo con sintomi evidenti del Coronavirus. Anche in questo caso niente tampone, sarà permesso soltanto quando i sintomi peggioreranno con il rischio di polmoni già compromessi: «È come se ci stessero praticamente condannando a morte».
Mancanza di tamponi, situazioni disperate, dovute, certamente, ad una emergenza imprevedibile che ha messo sotto stress i sistemi sanitari di tutto il mondo.
C’è, tuttavia, qualcosa che non quadra, se è vero, come segnalato da più fonti giornalistiche, che decine di calciatori siano riusciti ad accedere al tampone anche da asintomatici. È accaduto all’intera squadra della Juventus, che ha eseguito il test del Coronavirus dopo quello positivo di Daniele Rugani fatto in seguito, come dichiarato al direttore di TPI News della sua fidanzata Michela Persico, «a qualche linea di febbre e nulla più» e poi ad altre squadre come la Fiorentina e la Sampdoria nonché a sportivi come Paolo Maldini. Attualmente i calciatori della Serie A positivi al Coronavirus sono una quindicina, quasi tutti in buone condizioni di salute a fronte di decine di test effettuati a giocatori e familiari degli stessi. Ed è proprio per questo che è montata la rabbia di medici ed infermieri, ai quali il tampone é stato rifiutato fino a qualche giorno fa, anche se in condizioni gravi (alle persone “comuni” viene ancora oggi rifiutato).
Non sono solo i calciatori però: la cronaca di questi giorni narra di un lungo stuolo di volti noti del giornalismo televisivo, di politici di primo piano, di personaggi dello spettacolo che hanno avuto accesso al test per rassicurarsi della natura benigna dello sporadico colpo di tosse o delle due linee di febbre serali. Il tampone diventa, quindi, uno status symbol, lo strumento attraverso il quale la nuova aristocrazia verifica che la “peste” non sia entrata nelle stanze dorate della sua Versailles, siano esse gli studi televisivi o i “salotti buoni” della politica e del potere.
Tutto ciò sta creando indignazione, ma nonostante il Codacons abbia presentato il 23 Marzo un esposto alla Procura della Repubblica di Milano, essa è rimasta una indignazione timida, quasi sussurrata, senza la fragorosa cassa di risonanza a cui ci avevano abituati i 5 Stelle, ormai rintanati nelle stanze del potere, o le opposizioni, intimorite dalla labilità del consenso in un momento di paura collettiva. Una indignazione che non trova spazio nei media, troppo preoccupati a non mettere in difficoltà la tenuta sociale e politica del Paese.
Una indignazione, questa, che trova la sua ratio in un Servizio Sanitario Nazionale, definito dal Ministro della Salute (e non solo) come «un sistema di qualità ed eccellenza riconosciuto in tutto il mondo», che oggi non garantisce più quello per il quale è stato creato: il Diritto alla salute.
Quello che per il Comma I dell’art. 32 della Costituzione è un diritto fondamentale di ogni individuo è così diventato un odioso privilegio di pochi. Lo abbiamo lasciato accadere senza accorgercene, mentre eravamo troppo impegnati a mantenere un metro di distanza l’uno dall’altro. Esattamente come abbiamo perso, seppure temporaneamente, la libertà di muoverci, di abbracciarci, di incontrarci. «All’inferno si scende a piccoli passi» diceva Baudelaire ne “I fiori del male”…
«Non voglio polemizzare, se li fate ai medici va bene, se li fate agli agenti delle forze dell’ordine pure, ma mi spiegate che differenza c’è tra mia madre ed un giocatore di calcio? Non lo fate perché mia madre è povera?» diceva Renato singhiozzando al telefono la notte tra il 27 ed il 28 Marzo.
Sant’Agostino affermava che uno Stato senza giustizia è solo una banda di ladri, ma diceva anche «La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle». Con la tua testimonianza, Renato, ce le hai regalate entrambe.
https://www.raiplayradio.it/programmi/ilunatici/archivio/puntate/
https://iltirreno.gelocal.it/regione/toscana/2020/03/22/news/l-allarme-dell-ordine-dei-medici-da-giorni-molti-a-casa-con-i-sintomi-e-senza-tampone-1.38623790
https://www.ilgiorno.it/monza-brianza/cronaca/coronavirus-farmacista-1.5075958
http://www.bresciatoday.it/attualita/coronavirus/tampone-fratello-malato.html