Il problema del sovraffollamento carcerario è di vecchia data e il nostro Paese è stato più volte richiamato ad operarsi per la sua risoluzione. Da tempo, ormai, assistiamo ad un solito e sempre uguale pingpong dove viene denunciato il problema, si annuncia un provvedimento per svuotare le carceri e le forze politiche si dividono tra chi è d’accordo e chi si mette di traverso dichiarando che per risolvere il problema vanno costruite nuove carceri e non messi in libertà i delinquenti. Una tiritera infinita e che si appresta a continuare senza, però, che nessuno si concentri sul trovare delle soluzioni.
Le cronache di agosto si sono concentrate sull’ennesima battaglia dei radicali che da sempre si dedicano a questo problema in modo assiduo. Dopo aver registrato le dichiarazioni favorevoli ad un provvedimento di amnistia e indulto da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, una loro delegazione si è recata a ferragosto nel carcere di Rebibbia per valutare le condizioni dei detenuti che, più volte, la Corte di Strasburgo ha definito degradanti e inumane, condannando il nostro Paese per “violazione dei diritti umani”. La sentenza Torreggiani ne è un esempio. Il leader, Marco Pannella, ha incontrato il detenuto più famoso, l’ex Presidente della Regione Totò Cuffaro, che ha decisamente appoggiato la battaglia. Durante la visita, il reparto risultato più affollato è stato quello femminile. Rita Bernardini ha dichiarato che le detenute in eccesso creano un sovraffollamento di quasi il 140%. Ci sono carceri dove questo dato non viene raggiunto, certo; ma altre dove, invece, viene addirittura superato! Il problema del sovraffollamento non è dovuto soltanto alla mancanza di posti ma, anche, ad una deficitaria presenza di possibilità di conversione della pena in attività lavorative; lo ha dichiarato Donato Capece, segretario degli agenti di polizia penitenziaria, che in questi giorni è stato parte del coro e ha sottolineato come il lavoro dovrebbe essere un elemento importantissimo, all’interno dello sconto di pena, per rieducare il detenuto e favorirne il rinserimento nella società. Nonostante questo, però, le possibilità in tal senso sono limitate.
I provvedimenti per svuotare le carceri, però, come detto all’inizio, spesso sono “soluzioni tampone”, per dare momentaneo ossigeno alle carceri. Inevitabilmente il problema torna al pettine in poco tempo. Da parte mia, all’interno di questa diatriba, devo sottolineare come nessuno o quasi, nel panorama politico, ponga l’accento su una vera e propria piaga che è presente nel nostro ordinamento e che concorre in grande misura al problema del sovraffollamento. E’ la carcerazione preventiva. Una vera e propria barbarie medioevale che mette in evidenza numeri abnormi di detenuti, presenti nelle nostre carceri, che sono in attesa di giudizio e, quindi, ancora innocenti!!! Quasi il 40 % dei detenuti, infatti, si trova in galera senza che una sentenza lo abbia dichiarato colpevole; agghiacciante sapere che, statisticamente, la metà di questi verranno poi giudicati come innocenti. Si viene così a comprendere come la problematica del sovraffollamento non veda soltanto effettivi “criminali” condannati e che non godono di trattamenti carcerari civili ma, addirittura, di una grande quantità di poveri innocenti che, in attesa che il loro processo venga celebrato, vengono non solo privati della libertà ma, addirittura, detenuti in condizioni disumane!!! Oltre il danno la beffa!
La problematica della carcerazione preventiva è, a mio avviso, una aggravante notevole di tutto quanto detto sulle prigioni e andrebbe operata una seria riforma in tal senso, chiaramente osteggiata dai magistrati che spesso utilizzano la carcerazione di persone in attesa di giudizio per “pressare psicologicamente” il detenuto e spingerlo a rilasciare dichiarazioni da utilizzare nelle indagini. Una vergogna.
Tornando ad una visione di insieme, la problematica del sovraffollamento carcerario,chiaramente, va ormai affrontata in modo risolutivo da una classe dirigente che gioca sempre a rimandare. Non possiamo rimanere in silenzio davanti al fatto che, in certi casi, le condizioni in cui versano i detenuti possono essere descritte come una vera e propria “tortura”. Questo, in un Paese che vuole definirsi civile, non è accettabile.