Qualche giorno fa, lo ricorderete, un piccolo scambio al veleno tra Matteo Salvini ed Angelino Alfano si è concluso con la diffusione di alcuni dati del Viminale: per proteggere Salvini durante le sue uscite pubbliche negli ultimi due mesi, o poco più, sarebbero stati impiegati 8500 poliziotti; molti in assetto antisommossa come ho potuto constatare personalmente a Marsala, dove ho visto con i miei occhi un piccolo esempio di violenza politica di sinistra che ha impedito il comizio del leghista.
Si, cari amici; perché il dato sviscerato da Alfano non deve portate a pensare che siamo in un Paese stupendo in quanto vengono impiegati i poliziotti per difendere un leader politico che vuole aprir bocca. Ciò che va analizzato è l’esistenza reale ed innegabile di una violenza politica spaventosa che non prevede l’esistenza e la possibilità di parola dell’avversario e lo costringe ad andare in giro solo protetto dalle guardie.
Si è detto, molti hanno detto, soprattutto nei santuari del progresso come Repubblica, che le violenze verso Salvini derivano dal suo modo provocatorio di parlare. Certo Salvini parla alla pancia della gente e macina consensi perché dice la verità, in un Paese dove la dittatura del politicamente corretto è ai massimi livelli di privazione della benché minima libertà di pensiero. Le nostre strade sono nel degrado assoluto, con migliaia di immigrati non inseriti nel tessuto sociale che provocano, quindi, conflitto nelle comunità; ma non si può dire, è vietato, non è colto. Le nostre principali città, parlo per cognizione di causa, sono assediate da bande criminali di stranieri che la fanno da padrone per la depenalizzazione dei reati minori e che sono stati intercettati al telefono mentre dicevano che qui è una pacchia perché tanto non ti fanno niente; ma non puoi azzardarti a pronunciare la parola stranieri che subito sei tacciato come razzista e fascista. L’imbecille di turno, solitamente, dopo averlo ascoltato in tv, ti dice che ci sono delinquenti anche di nazionalità italiana non capendo che questa è una verità banalissima che non c’entra assolutamente nulla col fatto di farne entrare altri e lasciarli liberi di scorrazzare. Ma questo è il livello a cui gli riducono la testa; all’incapacità di pensare in modo sensato. Tanti sono gli esempi che si possono fare di ciò che di vero e innegabile dice Salvini, a cui un popolo esasperato si sta affidando; e certamente non manca a me ammettere che il suo linguaggio può dar fastidio; ma sfatiamo un mito: se una persona parla in modo provocatorio non significa che qualcuno sia autorizzato ad attentare alla sua vita, tirargli le pietre o, nella migliore delle ipotesi, impedirgli di aprire bocca.
Ciò che voglio fare con voi, cari lettori, è un piccolo esercizio di riflessione in un Paese con una memoria a tre mesi. Si, perché c’è il brutto vizio di valutare le vicende sempre in modo a se stante ed invece, per riflettere, i fatti e gli avvenimenti vanno sempre inseriti in un contesto di analisi ampio e con vendute che ci possano suggerire quale sia la strada verso la verità.
Qualche giorno fa, una mia amica molto colta e per bene, la classica persona di valore e non una teppista, discutendo sulla protezione a Salvini ha detto che era vergognoso che venissero impiegati tutti questi uomini per difendere una persona come Salvini. La pensi come me? Vai difeso. E’ il contrario? Devi morire. Amen. Ci tengo a ripetere che queste parole non sono provenute da un violento drogato di un centro sociale, come molti ne ho visti in piazza che non si reggevano in piedi per quante canne si erano fatti davanti a me in un paio d’ore; no, queste parole sono venute da una persona molto educata, civile, non violenta anche se, certo, di provenienza culturale di sinistra; appunto! Una persona che non si è accorta di subire una propaganda spaventosa a tal punto da dimenticare che se vuoi parlare di democrazia devi concedere agli altri di esistere; ma, appunto, sappiamo che la cultura democratica della sinistra antifascista ha insegnato che democrazia c’è se governano loro; sennò è dittatura, sennò si urla al fascismo, sennò si scatena l’inferno.
Ecco, allora, che dentro di me è scattata una riflessione e una analisi di cosa sia lo sdoganamento della violenza politica perpetrato a livello intellettuale nelle masse. Non è, infatti, il delinquente che mi preoccupa, ma il borghese per bene che lo giustifica creando inconsapevolmente un humus pericolosissimo che può portare lontano, molto lontano. Una storia già vista. Una storia culturale di matrice marxista-leninista che, nella propaganda, ha creato giustificazione della violenza verso chi non la pensa come te. Era così negli anni 70; è così oggi.
La prova che le ragioni della violenza non sono affatto addebitabili al modo provocatorio di parlare di Salvini, sta nel fatto che soltanto poco tempo fa il bersaglio della stessa violenza era il precedente leader del centrodestra Berlusconi. E’ quindi un caso? E’ un caso che ad ogni giro un popolo di sinistra con memoria a tre mesi odi ed eserciti violenza verso l’avversario politico di turno? E’ un caso o c’è una scuola dell’odio politico, coccolata dai salotti intellettuali e dalla maggior parte dell’informazione, che ad ogni occasione chiama a raccolta il proprio gregge?
Qualche stolto o ipocrita seguita a dire che la violenza politica esiste da entrambe le parti. E’ però sotto gli occhi di tutti che mai un banchetto dei comunisti a raccoglier firme è stato assaltato; mai un comizio di sinistra è stato interrotto; mai un leader di sinistra è stato criminalizzato in modo violento tale da far scattare una aggressione da parte di qualcuno. E’ così oggi ed era così negli anni ’70 che, se Salvini vincerà, torneranno tra noi.
Viviamo in un Paese dove i ragazzi di destra vennero bruciati vivi e gli venne aperto il cranio con le spranghe. Viviamo in un Paese dove qualsiasi artista, giornalista o scrittore che si sia permesso di discostarsi dalla vulgata dominante del controllo della cultura è stato aggredito, licenziato, isolato. Viviamo in un Paese dove se non sei di sinistra non hai diritto di dirti persona civile, caritatevole, antimafia, ecologista, solidale, buona, onesta; in una non meglio specificata proscrizione morale dove il discrimine è l’appartenenza ad una parrocchia che si dice superiore e si autocelebra come democratica quando, in realtà, è profondamente antidemocratica in quanto di matrice culturale comunista.
E’ proprio questo il punto e non un altro. La socialdemocrazia che avrebbe avuto luogo con la sinistra socialista aperta all’alterità, è stata spazzata via da un partito comunista italiano che prese il testimone e si lanciò nel futuro, cambiando nome e simbolo al partito, ma lasciando intatti i metodi di propaganda e lotta politica di Frattocchie; metodi che ricordano la macelleria del triangolo rosso, della intoccabile resistenza. Che se non sei come me vai soppresso, ammazzato. Salvini? Un porco da appendere a testa in giù.
Qualche anno fa, durante un comizio politico di Berlusconi, la piazza venne invasa in modo violento per tentare di impedirgli di parlare. Berlusconi è stato descritto in modo ironico per aver urlato contro i protagonisti di quella invasione questa frase: “c’è una differenza fondamentale tra noi e loro. Noi non andremmo mai e mai siamo andati a disturbare l’incontro tra qualcuno dei loro leader e i loro elettori, perchè noi siamo uomini e donne democratici e di libertà. Non avete dignità, non sapete cosa è la nobiltà d’animo, non sapete cosa sia la democrazia, non sapete cosa è la libertà. Siete ancora ed oggi, come sempre, dei poveri comunisti”. Aveva ragione