Da quando “Matteo il Grande” è diventato Presidente del Consiglio si è subito avuta la conferma della capacità comunicativa di un giovane che, a chiacchiere, sembra essere il numero uno della nostra storia repubblicana. La sua spregiudicatezza era già ben chiara; non possiamo dimenticare, in un paese dove da 20 anni ci dicono in tutte le salse che Berlusconi avrebbe instaurato un regime (8 anni di governo effettivo, solo dopo chiare vittorie elettorali), come questo giovanotto si sia fatto nominare Presidente del Consiglio dopo averlo deciso in una riunione di partito e aggirando il ruolo del parlamento, che ha visto sparire nel nulla Enrico Letta senza nessuna crisi parlamentare avvenuta o intenzione, da parte di quest’ultimo, di dimettersi. Questo lo ricordo per chiarire chi non possa dare lezioni a nessuno e chi sia, tra le forze politiche di questo paese, a infischiarsene delle regole democratiche pensando di possedere le Istituzioni e poterle usare a proprio piacimento.
Ma quello che non avevamo chiaro, nonostante le premesse ci facessero sospettare, era la capacità mediatica e comunicativa dell’ex sindaco di Firenze che, aiutato certamente dai poteri che lo hanno appoggiato e che condizionano i principali media, ha avuto modo di dipingersi da subito come un salvatore della Patria dotato di magiche capacità di risoluzione di problemi.
Del discorso di insediamento e delle altre comunicazioni pubbliche, tra le promesse di immediata (im-me-dia-ta) restituzione dei 60 miliardi che lo Stato deve alle aziende creditrici e di riforme dell’architettura dello Stato, tra promesse di ingrossamento di buste paga e di riforme del lavoro – il “job act”- che, come è ormai abitudine per far apparire come oro il nulla, vengono chiamate con diciture in inglese perché fa figo; di tutto questo, appunto, risaltano i metodi comunicativi, che si palesano certamente attraverso le grandi frasi da “conquista del popolo” da film americano.
Ne propongo un elenco, è illuminante: “L’opportunità non è pari, è dispari: ce n’è solo una. C’è una sola occasione. Se dovessimo perdere non cercheremo alibi, se dovessimo perdere questa sfida la colpa sarebbe solo mia”; “Vi propongo di scegliere la strada meno battuta, la più difficile”; “Oggi c’è da rottamare la rassegnazione, l’idea che abbiamo sul futuro”; “Sia chiara una cosa: io non tramo, ma non tremo”; “Il lusso della politica non è l’auto blu ma la possibilità di condividere emozioni e sogni.”; “Se c’è qualcuno abituato a salire sul carro per convenienza sappia che noi siamo abituati a farli scendere”; “Se perdiamo non accetterò nessun premio di consolazione, non vogliamo diventare come loro”; ”Il futuro non è uno spazio da aspettare. Il futuro è un luogo da conquistare”.
Ce ne sarebbero altre decine ma già è esauriente: uno straordinario oratore secondo solo a “Silvio il Magnifico”, del quale vorrebbe seguirne la orme.
A questo elenco di frasi fatte possiamo facilmente tentare di aggiungerne uno di cose fatte: nulla. Ma all’elenco del nulla, in realtà, ci sono da conteggiare un sacco di cose; vediamone un paio.
La riforma delle province, ad esempio, non le cancella affatto, come viene sbandierato, ma creerà un prevedibile pantano dove non si sa cosa accadrà e come tante competenze verranno in futuro assolte, memori, per esempio, anche di ciò che è avvenuto in Sicilia, dove Ryan Air, scomparsa la figura giuridica della provincia di Trapani, non ha avuto più l’interlocutore con cui stipulare il contratto per l’arrivo degli aerei in chiave turistica. Una vicenda grottesca che ha visto i comuni impegnarsi in una “task force” per risolvere il problema. Tornando alla riforma, il risparmio economico, forse, sarà poco oltre i 100 milioni di euro quindi praticamente nullo. I dipendenti passeranno alle Regioni e quindi dal salvadanaio pubblico verrà comunque prelevato il necessario.
C’è di peggio: secondo un documento della Ragioneria dello Stato del 26 marzo, nel DDL vi sono gravi contraddizioni riguardanti il fatto che le nuove cariche verranno davvero ricoperte, come sbandierato, a titolo gratuito. In questo, infatti, si prevedono, previa individuazione della copertura finanziaria necessaria, indennità di funzione che fanno a pugni con il messaggio di abolizione ovvero di trasformazione delle province dove non vi sarebbero stati più i tanti odiati stipendi! Li chiameranno indennità ma sempre soldi sono! Appare evidente che stiamo andando semplicemente verso una “abolizione delle elezioni provinciali”. Il che è sostanzialmente diverso. E’ un gioco delle tre carte dove vince sempre il banco. Ma la cosa più inquietante è l’incertezza. Non si riesce a capire davvero cosa accadrà e questo sarà visibile e appurabile solo a riforma avvenuta; certo è possibile prevedere già qualcosa…
Un altro piccolo esempio è la vendita delle auto blu. In questi ultimi anni in cui il popolo è stato aizzato contro la classe politica, uno dei simboli del male è divenuta l’auto blu! Il parco auto di cui usufruisce la nostra classe dirigente è sterminato ma pieno di ferri vecchi che, lucidati a dovere e con una sirena sul tetto, appaiono berline nuove fiammanti; sono invece Lancia, Alfa Romeo, Fiat e poche straniere datate e del valore di poche migliaia di euro.
E’ avvenuta una spettacolarizzazione della vendita di queste auto degna di Vanna Marchi; una specie di televendita dove si comunicava un’asta per ridurre questi sprechi vergognosi e per andare incontro al volere del popolo. Peccato che questa vendita nasconde la reale intenzione di acquistarne di nuove, circa 1300, in sostituzione delle vecchie; e queste, siamo certi, costeranno un occhio della testa. Insomma, abbiamo capito: è sempre il gioco delle tre carte! Di esempi potremmo farne altri. Potremmo parlare dell’abolizione del finanziamento ai partiti sparita dal dibattito o, perché no, argomentare a dovere su questo aumento di buste paga per tutti, tanto “paga pantalone”.
Certo, stona il fatto che quando Berlusconi promise di restituire l’IMU sulla seconda casa (costo 4 miliardi di euro) si scatenò una derisione mediatica e una macchina instancabile ad accusarlo di promesse da Babbo Natale. Adesso che Renzi promette di aumentare gli stipendi (costo 10 miliardi di euro), sui giornaloni autorevoli si leggono pacati editoriali di descrizione dell’operazione… vabbè!
Di cose potremmo dirne tante ma ci fermiamo qui.
Tra i tanti personaggi pubblici che hanno dato il loro contributo di opinione su questa stagione che sembra aprirsi, ricordo Paolo Bonolis che qualche settimana fa ha dichiarato che appoggia Renzi perché non ha un passato da farsi perdonare. Se questa cosa, in una chiave di lettura storica e critica sulla sinistra italiana, ha un senso, è anche vero però che Renzi rischia di diventare il primo Presidente del Consiglio della nostra storia ad avere non un passato, bensì un presente da farsi perdonare. Un presente fatto di promesse e frasi ad effetto che si schiantano davanti alla realtà di una politica avvitata su se stessa e sulle proprie logiche di potere. E immobilizzata da organismi sovranazionali che ne hanno annullato il raggio di azione. E’ un gioco mediatico molto pericoloso quello di Matteo, perché in questo momento storico, con la gente che seguita a suicidarsi, promettere l’oro in luogo delle patate attira certamente sentimenti di grande speranza. E tanto più la gente spera, tanto più la gente presenterà il conto quando si accorgerà che, infondo, questo coraggioso ragazzo con la faccia pulita e da bambino è, forse, solo un grande bluff, un’imitazione mal riuscita dell’originale meneghino.
Ci accorgeremo presto che Renzi è solo un Berlusconi senza soldi? Se così sarà, l’ultimo argine all’antipolitica sarà spazzato via con una violenza direttamente proporzionale alle aspettative che egli ha fatto nascere nel cuore della gente. E l’Italia vivrà una stagione, pericolosa e nuova, chiaramente alle porte se la politica seguiterà a tardare nel dare risposte vere ai problemi dei cittadini.