La senatrice Liliana Segre mi sta molto antipatica. E’ una antipatia dovuta a diversi motivi. Il primo motivo, di reazione, è l’impossibilità di poter dire una cosa del genere essendo ella sopravvissuta allo sterminio. Notatelo: questa cosa, questo obbligo, di dover giustificarsi, anteporre rispetto e ossequio, per poter forse poi esprimere dissenso sulla commissione da lei proposta come prima firmataria, è una cosa che io non tollero. Una specie di filtro, di lasciapassare perbenista e politicamente corretto, senza il quale non è possibile esprimere la successiva opinione su l’unico tema in oggetto e cioè la famosa commissione. Il secondo motivo è di merito, sulla persona. La senatrice a vita, infatti, quando mosse i suoi primi passi e divenne famosa al pubblico dopo l’importante nomina, tra le varie sue presenze televisive ci parlò anche dal salotto di Fabio Fazio. Da quel luogo divisivo e impregnato di giornalismo politico di parte fino al midollo ella disse che “si sentiva a casa”.
Sia chiaro, e il mio modo di scrivere ne è prova, io non credo affatto che essere di parte e avere idee politiche forti anche se diverse dalle mie sia un male, anzi. Credo però, fortemente, nei ruoli di rappresentanza istituzionale e nel rispetto che questi meritino; rispetto che si manifesta attraverso comportamenti corretti che la senatrice Segre, con quella manifestazione di pensiero, a mio avviso non ha avuto. La cittadina Segre può sentirsi a casa da Fazio, ci mancherebbe, ma la senatrice no. Oppure, semplicemente, non dirlo, non ostentarlo: azione, questa, divisiva.
Da quel momento mi fu molto antipatica perché una persona non eletta aveva potere legislativo e palesava in televisione appartenenza ad una fazione culturale e politica dell’Italia. Questa persona – mi domandavo a quel punto – avrebbe operato in parlamento secondo coscienza, oppure avrebbe votato per assecondare i voleri di quella fazione politica che ostentava essere la sua? La carica onorifica di senatore a vita, infatti, è una carica che concede uno status operativo come per tutti i senatori senza che il soggetto nominato, però, sia stato eletto dal popolo. Questa è una differenza immensa e che deve stimolare comportamenti diversi. Un senatore eletto con la Lega dopo una campagna elettorale serrata è normale che ostenti la sua appartenenza politica. La stessa cosa per un senatore del PD. Ed è il sale della democrazia.
Ma un senatore a vita, non eletto ma nominato, deve essere senatore di tutto il popolo, ostentare saggezza e imparzialità, non appartenenze politiche. Deve rappresentare, senza rinunciare alle proprie idee, l’essere senatore di tutti, di tutto il popolo, di chi ha idee di destra e chi di sinistra; e così di tutti fare gli interessi. Il messaggio mandato da lei invece fu opposto e, mi duole dirlo, questa pratica è stata famosa anche in altri casi, fino a porre in Italia il tema dell’abolizione dei senatori a vita in quanto nominati dai presidenti della repubblica di sinistra per fare da stampella e votare governi che altrimenti non sarebbero stati in piedi. Aghi della bilancia che falsano la democrazia snaturando e umiliando cariche che meriterebbero rispetto.
E’ libertà quella secondo la quale siccome ella è sopravvissuta allo sterminio, allora davanti alla grandezza di questa esperienza e testimonianza, noi non possiamo criticarla come persona o criticare la commissione da lei promossa? E questa commissione, leggendo questo articolo, darebbe a me il diritto di esprimere antipatia verso la Segre oppure mi segnalerebbe all’autorità come persona che incita all’odio?
Il motivo ultimo per cui la Segre mi sta molto antipatica è però un altro, che è un tema sempre costante a sinistra: l’ipocrisia. La signora Segre, infatti, è una persona molto intelligente e preparata e quindi non posso non vedere come ipocrita la sua reazione alla levata di scudi di tutto il Paese contro questa famosa commissione. La signora sa bene che questa commissione parte dalla scorsa legislatura, su progetto della Boldrini, e che invece di “punire” l’odio e l’antisemitismo, porta con sé una coda di ambiguità inquietanti. Nelle premesse infatti si parla nazionalismo e altre paroline magiche che nel recente passato sono state utilizzate dalla sinistra per proscrivere come razzisti e omofobi tutti i cittadini italiani che semplicemente gradivano un crocifisso a scuola, gradivano esprimere dissenso sulla immigrazione clandestina, dicevano di essere a favore della famiglia con un padre e una madre, dicevano di amare le proprie tradizioni.
Non starò a descrivere cosa si nasconde probabilmente dietro questa commissione perché lo avete letto in centinaia di articoli e non è l’oggetto di questo mio pezzo. L’oggetto di questo mio è la libertà. La libertà di dire, senza offenderla e rispettandola come persona, che la senatrice Segre mi sta antipatica. Perché io non credo affatto che lei sia in buona fede e non sappia che quella da lei proposta, in pratica, è una “commissione contro chi ha idee di destra” che è stata spacciata mediaticamente come una commissione contro l’antisemitismo ed il razzismo, strumentalizzando in modo vergognoso questi temi importantissimi per scopi politici.
Lascio il beneficio del dubbio, sperando di avere torto ma, signora Segre, a prescindere mi permetto di darle un consiglio: non sia divisiva come ha già fatto, non ostenti appartenenze, non si faccia usare come strumento di distrazione da chi l’ha nominata senatrice. Sia madre di tutti gli italiani, non si presti a giochi politici. Lei vedrà che se così farà sarà immensamente voluta bene e rispettata in modo sincero e vero, e non in modo ipocrita e politicamente corretto per la storia che ha vissuto. Il rispetto per la sua storia è un obbligo che tutti abbiamo ma circa la persona, circa l’essere umano Segre. Solo quello. Invece, ben diverso, è il rispetto verso la Senatrice Segre. E questo non è scontato ma lei se lo deve guadagnare con le sue azioni e i suoi comportamenti da senatrice. Perché lei è una senatrice della Repubblica che ha l’onore altissimo ed il dovere di rappresentare e rispettare tutti i cittadini. Anche tutta quella gente che, da Fazio, non si sente affatto a casa.