Il nostro editore Livio Marrocco è stato assolto dal procedimento giudiziario che era nato diversi anni fa per le “Spese Pazze” all’ARS. Diverse le assoluzioni, con varie differenze sostanziali. Per quanto riguarda Marrocco, la sua è una assoluzione totale nel merito. Senza fronzoli: non ha mai fatto nulla di ciò per cui era stato accusato. Nessuna persona che abbia avuto a che fare con lui nella vita, ma neanche chi ha avuto il piacere di prenderci un caffè e conoscerlo di sfuggita guardandolo in faccia un minuto, ha mai avuto dubbi. I dubbi, più che altro, li abbiamo tutti noi circa il calvario che alcune persone debbano subire.
A differenza di quanto il lettore avrà pensato, la mia frase non è affatto da ascrivere a un attacco o critica alla magistratura. Sia chiaro, proveniamo dalla vicenda Stato – mafia, Scarantino, figuriamoci se non è diritto criticare la magistratura in alcuni casi. Quello che vorrei però dire è che bisogna fare ampie riflessioni su dinamiche sociali e culturali che riguardano la nostra comunità.
Diversi giorni fa mi sono recato a Trapani per vagliare l’acquisto di una barchetta. Mi accompagna un pescatore, conosciuto a Bonagia, con cui faccio amicizia. Chiacchierando del più e del meno, gli racconto che faccio il giornalista e ho fondato un piccolo giornale con Marrocco. Chi non conosce Livio? Massima simpatia dimostrata, stima, ma – non c’è niente da fare – a un certo punto mi dice: “certo che è un peccato avere perso Livio come rappresentante di Trapani, non essendosi candidato. Pure lui però, poteva evitare di comprarsi i fumetti coi soldi pubblici”.
Ora il problema non è che, come sancito ieri dai giudici, questa cosa non sia mai avvenuta. Il problema, credetemi, è che nonostante l’assoluzione, a causa di come vengono narrati i fatti quando scatta un avviso di garanzia, questa cosa gliela diranno a vita e così resterà convinta la gente. O parte di essa.
Ieri, in calce alle pubblicazioni di cronaca sulla assoluzioni, leggevo commenti francamente descrittivi della condizione in cui siamo finiti. Diverse persone commentavano che “certo, vuoi che non li assolvevano?”; “i giudici fanno i grandi con i piccoli e i piccoli con i grandi”; e via così. Insomma il succo è questo. Marrocco, o altri, vengono assolti dopo dieci anni di calvario giudiziario, ma il risultato è che la gente dice che hanno rubato lo stesso e siccome sono persone potenti vengono assolti. Ma potenti de che?
E’ quindi ovvia la mia critica, che più che ai Pm – sarà Marrocco a farla se vorrà – è rivolta ai miei colleghi giornalisti. Diversi anni fa, a contorno di quella stagione che ha portato il Movimento 5 stelle a fare il pieno di voti, è nata in Italia una piaga che ha radici antiche, dovute alla voglia dei mediocri e degli ultimi di dare la colpa a chi ha successo della propria inutilità. E’ il circo mediatico – giudiziario. Con la bava alla bocca si gode, ci si diverte, se una persona che ha avuto successo viene arrestata o accusata. Persone spesso per bene, con mogli, genitori e figli che vivono drammi e inquietudini. C’è chi, in vicende ben peggiori, non regge al dolore.
Nessuno può affermare che la magistratura non debba operare, ma certamente possiamo dire che sarebbe da ripensare la cronaca circa molte vicende, che è cultura, quindi produttrice di comportamenti sociali.
Non si pretende molto. Ma come minimo che una persona, dopo dieci anni di processi, se viene assolta venga percepita e ricordara come una vittima, che non aveva fatto nulla. Non è accettabile che, invece, si senta dire che aveva rubato lo stesso ma si sa, a questi qui li assolvono tutti perchè sono potenti.
Perchè oggi capita a lui, domani a noi. E’ quindi un problema di tutti noi. Quello di ripensare i modelli, affinchè si possa vivere tutti in un contesto civile e rispettoso della dignità delle persone.