Questa storia di Fedez, come tutte le altre cose tipiche della pianificata e voluta propaganda politica spacciata per casuale incidente di percorso, rischia di essere vista da punti di vista non corretti. Mi spiego. Solitamente le fregnacce patetiche sulla inesistente censura che vi è in Italia per chi fa spot politici di sinistra da ogni palco e tv, viene analizzata tramite la sempre viva retorica patetica del “io dico quello che voglio e se non me lo fate dire siete fascisti, c’è la dittatura”; e tutte ste scemenze sentite e risentite mille volte. La vicenda va vista, invece, sotto una triplice visione. La prima è se sia davvero giusto che, in una democrazia, qualsiasi cretino, oppure anche qualsiasi persona intelligente ma inopportuna nel suo agire (decidete voi), possa e debba essere sempre libero di dire quello che vuole. La seconda visione è relativa al mezzo, al luogo, dove il soggetto voglia dire quello che vuole. La terza visione è il contesto ove queste cose vogliano essere dette. Andiamo con ordine.
Primariamente è facile dire che no, in democrazia non si è liberi di dire ciò che si vuole quando si vuole. Vi ricordate le meravigliose canzonette di Bello Figo, che scriveva nei testi che “le fighe bianche vanno scopate”? Andava censurato davvero! Ebbene, quando qualcuno ha avuto soltanto da ridire anche in quel caso si è urlato alla censura. Ovviamente siccome il cantante era nero, nessuna finto-femminista si è indignata, a sinistra solo cori per difenderlo. Immaginatevi se un cantante romano, milanese, bianco, avesse scritto una canzone con la strofa “le fighe nere vanno scopate”. Dico, immaginatevi cosa sarebbe accaduto! Comunque questa è un’altra storia, ma sta a significare, e per questo ne ho accennato, che non è affatto vero che la “non censura” avvenuta contro Fedez sia stata verso qualcuno che a prescindere da idee e schieramenti politici vuole esprimere una opinione. No, affatto. La difesa di Fedez, come quella di Bello Fiugo in quanto nero, è avvenuta solo per motivi militanti e di appartennenza a quella area politica per la quale il soggetto sta lavorando facendo comizi politici su un palco, spacciandoli per opinioni innocenti da voler esprimere. Per queste considerazioni, che approfondirò appressò, io non accetto la semplicistica visione che ognuno deve dire sempre quello che vuole altrimenti è dittatura. Io penso il contrario. Che se non si rispettano le regole la censura è un dovere al fine di difendere la democrazia e la pluralità delle visioni.
E qui arriviamo al secondo punto. Il mezzo attraverso il quale vuoi esprimere la tua opinione o fare il tuo comizio. Vuoi dire quelle cose? Bene, siccome non è casa tua ma un palco pubblico pagato dal canone Rai, che ci sia un contraddittorio. Che ci sia qualcuno che può rispondere punto su punto. Altrimenti la dittatura la fai tu che pretendi di possedere strumenti pubblici di propaganda a tuo uso e consumo senza che chi non la pensa come te abbia lo stesso spazio. Ricordate i comizi di Benigni a San Remo contro Berlusconi per fare la campagna elettorale a Prodi? Vi ricordate sempre le stesse boiate, pagate centinaia di migliaia di euro, che avevano lo scopo di fare propaganda politica con la copertura di essere una espressione artistica? Bene, è la stessa storia e pagavano i cittadini italiani. E’ sempre la stessa cosa, non fatevi fregare. Dico, riflettiamo. Qui non si parla di censura. Qui abbiamo un soggetto che ha ricevuto l’invito a riflettere sul fatto che era assolutamente inopportuno – e lo era – fare un comizio contro un partito politico che sta al governo dal palco di una manifestazione canora che nulla aveva a che vedere. Ebbene, questo invito è stato rifiutato e lui ha letto comunque tutto il suo discorso. Ma la censura dove cavolo è? Ma siamo matti davvero? Ma chi ha censurato chi? In pratica siamo a urlare alla censura non in quanto una persona sia stata cacciata e privata del microfono; ma perchè chi – dico purtroppo – lo ha fatto regolarmente parlare gli ha espresso l’opinione del fatto che il tutto fosse assolutamente inopportuno. La censura qui la fa Fedez. Praticamente non solo vuoi fare i tuoi comodi blaterando quello che vuoi da dove ti pare, ma nessuno si deve permettere di non essere d’accordo altrimenti urli alla dittatura. Ma è folle.
Il punto saliete però, su cui riflettere, è il terzo e cioè il contesto. Ma qualcuno si è accorto che il palco da cui parlava Fedez era quello del concerto del primo maggio per celebrare i lavoratori? Ma cosa c’entra un comizio politico a favore di una legge contro l’omofobia dal palco di una manifestazione dove si deve parlare di lavoratori? E’ questo il punto. Una censura sarebbe stata quella di un Fedez che voleva parlare contro il governo, contro le politiche del lavoro, contro la precarietà, e dalla Rai gli impedivano di farlo per non disturbare il potere. Ma in questo caso nulla di tutto questo. In questo caso abbiamo un soggetto che con la scusa di un palco di una manifestazione dove i protagonisti sono i lavoratori, fa un comizio politico su altri temi attaccando un partito politico e facendo propaganda. Scusate, riuscite a capire la differenza? Capite che è la stessa cosa che faceva Benigni a San Remo? Capite che è la solita tecnica della sinistra che pretende di dominare in modo dittatoriale ogni spazio, fregandosene della pluralità, e se ciò non avviene urla al regime e alla censura? Ma poi, ripeto, non lo hanno censurato!!! Gli hanno detto che era inopportuno quell’intervento, di adeguarsi a un contesto. E chi glielo ha detto aveva ragione da vendere. E invece di censurarlo lo hanno solo invitato ad essere opportuno. Lui ha rifiutato, ha detto comunque quello che voleva, e poi ha urlato di essere stato censurato! Signori, ma è folle! Come è folle, perdonatemi, che non lo abbiano censurato davvero. Lui, e tutti quelli come lui che pensano di essere così furbi da prendere in giro chiunque, e non soltanto i fessi che urlano alla dittatura mentre la subiscono dai propri pastori.