Avremmo dovuto schierarci, unirci, essere compatti contro la barbarie guardandola in faccia, chiamandola per nome contro ogni distinguo e combattendola; non con la retorica ma con i fatti, con la durezza, con la fermezza di un esercito, con la dignità ed il coraggio di chi conosce se stesso. Chi siamo? Noi, Italiani o Francesi, oggi si può dire Europei, chi siamo? Quale è la nostra identità? Quali i nostri valori?
Le manifestazioni del mondo giornalistico e intellettuale per quanto avvenuto a Parigi hanno segnato indelebilmente la sconfitta dell’occidente e dell’Europa. Rappresentiamo, per metafora, un fronte disunito e pieno di disertori, di vili, di pavidi, di falsi. Si, perché si resta sgomenti all’analisi dei distinguo, delle argomentazioni varie sulla qualità delle vignette, sul “beh se la sono cercata, hanno provocato”.
Le vignette di Charlie Hedbo erano sgradevolissime; ho sempre manifestato la mia disapprovazione per la satira di questo genere, non è mai stata una mia passione. Non ho mai apprezzato chi nasconde un insulto e una propria idea dietro la scusa e lo scudo dell’ironia. Ma non mi permetterei mai di esprimere questo mio pensiero davanti a dei corpi crivellati di pallottole, Cristo! Quelle vignette erano irriverenti, forse oltraggiose. E allora? Resto scosso e attonito davanti ad un Financial Times che, quasi, cerca la responsabilità di quanto avvenuto in quella redazione. Ma lo sono ancora di più davanti alla solita marmaglia di intellettuali e giornalisti che, invece di schierarsi senza se e senza ma, hanno iniziato a parlare delle colpe dell’occidente, delle guerre, dall’imperialismo americano. Uno spettacolo che mi aspettavo, purtroppo, per la consapevolezza che ormai credo di aver raggiunto nell’osservazione di una civiltà, la nostra, che semplicemente non è più.
La prova di questo sta nell’autocensura e nella retorica. Il primo concetto è evidente e grande segno di sconfitta. Ritengo gravissimo che la presentazione del romanzo “Sottomissione”, dove si profetizza sulla presa del potere in Francia da parte degli islamici, sia stata annullata. Ci siamo arresi dando ai terroristi la vittoria e facendo quello che era nei loro scopi: intimorirci e cambiare le nostre abitudini, farci arretrare, lasciar perdere. Fatto! Ma non è questa l’autocensura più grave che è in atto. In America è stato impedito, nei giornali, qualsiasi contenuto che possa offendere gli islamici. In Italia, in tutti i giornali e nelle tv, non si riesce a scorgere, se non a difficoltà, la parola Islam. C’è paura di scriverla, di chiamare il nemico con il suo nome e si lascia il campo a frasi generiche come “attacco alla nostra libertà”. Non è vero. La verità è che è in corso un attacco alla nostra libertà da parte di un fondamentalismo religioso di matrice islamica. E’ in corso una guerra santa contro l’occidente cristiano e giudaico; questa guerra è stata anticipata, dichiarata, palesata in ogni dove e coadiuvata da anni di intolleranza, di mancata integrazione e di rispetto delle nostre leggi e tradizioni da parte di chi non spara ma non per questo non va denunciato come un nemico. E vediamo in televisione questi Imam intervistati che, con frasi di circostanza, dicono che quanto avvenuto a Parigi è sbagliato per poi aggiungere che, però, anche le vignette lo erano perché pigliavano in giro i profeta. Eh si! Il profeta! Questa gente si sentirà spalleggiata, certo, dai politici di sinistra che si prodigano nel dire che quanto avvenuto non ha a che fare con la religione!!! E giù coi distinguo. L’affermare che moltissimi islamici non hanno nessuna cattiva intenzione verso i cristiani è una verità banale e ovvia; ma assolutamente fuori luogo da pronunciarsi nella valutazione dei fatti. Questa inutile verità è utilizzata come antidoto contro la realtà dell’essere in guerra e del dover combattere. E non siamo in guerra contro dei fanatici, ma contro degli islamici fanatici; e questo è un fatto. Certo, se si analizzano solo le violenze e gli attentati è facile dire che chi ci odia e ci ha dichiarato guerra è una minoranza; ma è una visione distorta e inetta, sciatta e falsa. Perché non siamo in guerra solo contro chi ha sparato a Parigi o fatto crollare le torri gemelle. Siamo in guerra contro chi non spara ma pretende che a scuola non si facciano le recite di Natale; siamo in guerra contro chi non spara ma pretende di fare sparire il crocifisso; contro chi non spara ma non si integra, non rispetta la nostra cultura e il nostro sacrosanto diritto di vivere “all’occidentale”. Siamo in guerra contro i violenti; ma anche contro i tanti islamici non violenti che pretendono non di veder rispettato il proprio diritto di vivere secondo la propria cultura, bensì il limitare il nostro diritto di manifestare e vivere la nostra, a casa nostra, senza che questo generi conflitto e offesa verso di loro. E’ questa la verità, ma non riusciamo ad ammetterlo, a serrare le fila; per una ragione culturale: non abbiamo più un’identità, non conosciamo noi stessi e quindi non sappiamo difenderci.
Non combattiamo, arretriamo, non chiamiamo il nostro nemico per nome, abbiamo paura e diciamo a gran voce che a Parigi hanno provocato e se la sono cercata. Però, immancabile e puntuale, c’è la inutile manifestazione retorica: siamo tutti Charlie con le matite verso l’alto. Oh, che emozione, che commozione, che partecipazione. E a cosa serve? Una marcia a Parigi contro il terrorismo a cosa serve? A cosa serve se poi l’intellettuale di turno, come a voler giustificare Parigi, spara a zero contro i cattolici senza però sottolineare che i cattolici non sgozzano e non sparano! Quella delle matite alzate è una falsa rappresentazione di una unità che in realtà non esiste! E’ questa retorica inutile la prova di quella ragione culturale motivo della nostra sconfitta. La “Civiltà Europea” dovrebbe ostentare i suoi simboli cristiani e difenderli, non in nome della religione ma in nome dei principi umani su cui si fondava la nostra comunità: “porgi l’altra guancia”, ”ama il prossimo tuo come te stesso”. Invece nulla. E in questo nulla iniziano a scorgersi i frutti marci del multiculturalismo che ha distrutto le identità e i valori, le appartenenze e i riferimenti, una volta imprescindibili, nati dal sangue delle rivoluzioni e dai processi intellettuali ed emancipativi che ci hanno reso ciò che siamo: esseri liberi! Abbiamo perduto il primato delle politica, distrutto gli Stati nazione e i loro parlamenti, abdicato al potere del denaro e al mercimonio dell’anima. Abbiamo distrutto, affascinati dalle sirene del progresso, tutto quanto ci caratterizzava e univa, per creare l’uomo nuovo europeo; che quasi ci ricorda il progetto di quell’ “Ordine Nuovo” di qualche decennio fa… Oh, come è ridotta la nostra casa che fu “illuminata”. Che pena! Cosa è rimasto di questa Europa che si vergogna di Dio, del suo Dio, e lo combatte invece di difenderlo facendo, stupidamente e senza rendersene conto, il gioco del nemico? E cosa è rimasto di noi, oggi, senza i nostri riferimenti culturali e intellettuali? Il vecchio continente ha rifiutato la sua identità che era quella cristiana, nella sua accezione positiva e sociologica; non solo religiosa. Se non fosse così combatteremmo! Se non fosse così sapremmo chi siamo e non saremmo disuniti, smarriti e impotenti! Se non fosse così quelle matite, che verso l’alto non servono a nulla, verrebbero abbassate con la rabbia e con l’orgoglio. E invece che come armi spuntate ci apparirebbero unite, serrate, come una imbattibile falange macedone; ricordo e simbolo di battaglie epiche, incastonate agli albori della storia di quella che è stata la nostra civiltà!