Qualche settimana fa, in risposta ad un mio post ironico su Facebook, un mio amico fascista mi scrisse che io, fascista, non lo ero; almeno secondo lui. La cosa non mi diede chissà quale nuova consapevolezza sapendo, e bene, di non essere fascista; ma certamente si aprì una riflessione non da poco sul fatto che io, nella mia vita, sono sempre stato accusato di esserlo. Perché? Certo, ho lucidità di analisi storica e riconosco il grande valore che il fascismo ha avuto nella storia di Italia; certo ho – e siamo pochi a causa del sistema di istruzione in essere – la capacità di analizzare le epoche con gli occhi del tempo e non con quelli del presente, errore grossolano, e questo mi consente di percorrere binari vietati ai più. E certo penso di avere non tanto competenza – quella la lascio a chi ha grandi studi alle spalle – ma serena capacità di giudizio. Ecco, l’imperdonabile! Serenità di giudizio! Non dici cose isteriche antifasciste e retoriche? Imperdonabile!!! Arrestatelo!!! Ecco quindi perché sono sempre stato accusato di essere fascista (come se poi fosse un’ offesa: leggetevi Giovanni Gentile e vediamo se resistete alla tentazione). Per non essermi mai voluto piegare alla idiota Italietta del conformismo di sinistra; alla violenza intellettuale della parte migliore del Paese che, se non obbedisci, se non dici ciò che è giusto, colto, retorico e, quindi, se non fai la recita antifascista, ti proscrive, ti mette il cartello al collo con cui non potrai più vivere avendo credito nella società. Fascista, quindi, ero; fascista quindi, sono; fascista, quindi, sarò; per sempre! Parola loro; parola di chi, per difendere non so cosa, nella vita mi ha anche aggredito quasi fisicamente e violentemente perché, si sa, ai buoi è stato insegnato che i fascisti vanno ammazzati; e quindi se io, che non sono fascista, vengo comunque accusato di esserlo, vado ammazzato come tutti gli altri: e non è peccato; questa ce la ricordiamo, no? Deve saperne qualcosa Giampaolo Pansa che – uomo di sinistra – ha sperimentato sulla sua pelle questi tragici assiomi e che, avendo scritto libri densi di antifascismo ma che si permettevano di dire la verità sulla resistenza abbattendo il muro della retorica partigiana, si è trovato costretto a presentarli con i carabinieri tra minacce di morte e aggressioni. E ne sa qualcosa Simone Cristicchi, artista di sinistra, che per aver raccontato in uno spettacolo lo sterminio degli italiani nelle foibe ha subìto simile trattamento dai figli e nipoti di chi, nelle foibe, ha sepolto la propria perduta dignità insieme ai cadaveri degli italiani sterminati.
No, non parlerò di questi avvenimenti; non è questo l’articolo da dedicarvi. Essi erano solo l’antipasto serioso, da rigurgitare al finale, di un articolo che, tra il serio ed il faceto, oltre al tragico che si nasconde dietro alla violenza antifascista appena accennata, si fonde al ridicolo di un fenomeno culturale conseguenziale; che nasce da quella violenza culturale, appunto: è l’antifascismo militante. No, che avete capito: non quello degli anni 70, con i morti ammazzati. Quello dei salotti, delle recite, delle frasi giuste al posto giusto per fare carriera, per non finire nella lista di proscrizione, per vivere sereni ed atteggiarsi ad intellettuali quando magari non si è mai letto un libro. E’ antifascismo isterico, ridicolo, che vien fuori anche se si sta parlando di pane e mortadella o di pasta alla norma. I soggetti che ne sono affetti accompagnano le nostre giornate ricordandoci, se mai ce ne dimenticassimo, che siamo in Italia. Entri, al Brennero, e già subito senti che l’aria è cambiata, che è pieno di soggetti che nel 2016 ci rompono le scatole con scemenze improntate a criminalizzare in modo isterico i fascisti; inventandoseli, vedendoli ovunque! Paranoia!!!
Il pretesto per scrivere di ciò mi è venuto in mente avendo osservato la proposta di legge dell’Onorevole Fiano e la risposta di Vittorio Feltri. Il primo ha proposto che i gadget del ventennio siano vietati equiparando il loro possesso all’apologia, reato previsto dal nostro ordinamento. Questa cosa è stata descritta come una cretinata da Feltri che, avendo capito che lo scopo dei comunisti duri e puri, o meglio isterici, è cancellare il fascismo dalla memoria storica (quale modo migliore per farlo rinascere?), ha risposto che per evitare che gli italiani si ricordino del fascismo andrebbe bruciata l’enciclopedia Treccani, abolito l’inps, annullati i diritti dei lavoratori, abbattute intere città come Latina, radere al suolo la stazione di Milano, l’EUR di Roma e i palazzi delle poste come quello di Palermo. Si tratterebbe, insomma, di radere al suolo l’intera nazione dato che essa, nata 150 anni fa, è fondamentalmente stata edificata, a trecentosessanta gradi, dal Duce del fascismo Benito Mussolini. Mi daranno del fascista – non i miei amici fascisti – ma così è. E così io dirò sempre. Perché è la verità. Tanto è vero che l’Italia repubblicana non ha potuto fare a meno di tantissimo di quanto nato durante i 20 anni di regime. Ed è stato mantenuto.
Se la matrice di questa voglia di operare rimozione storica di verità, di cui le recenti voglie dell’ON Fiano sono un esempio, è da ricercare nell’humus di quella violenza cieca a tutto tondo tipica dei marxisti, non possiamo, oggi, nel 2016, non avere una visione comica di queste manifestazioni. Ma davvero: il mondo è alle prese con il terrorismo internazionale; le nostre vite lo sono alle prese con questa Unione Sovietica Europea (a proposito di nuovi comunisti…) che sta distruggendo le nostre esistenze; siamo alle prese con una crisi d’epoca che sta portando all’indigenza parte della popolazione tra emigrazione dei giovani e impossibilità di arrivare a fine mese dei vecchi; le tasse sono al 70%; gli imprenditori si impiccano. E questi si alzano la mattina e si mettono a pensare leggi per vietare a un vecchietto di andare a Predappio in gita col la moglie (che magari votava Berlinguer e litigavano davanti la minestra) e comprare una calamita da frigo con Claretta Petacci! Gesù, basta! Lasciateci in pace! Vi prego, signori comunisti, lasciateci respirare!!! Lasciateci il diritto di vivere, di mangiare un pane e mortadella senza dover ad ogni morso dire una cosa antifascista!!! Aprite il cervello e pensate in modo morbido, laterale, sereno! Lasciate i nostalgici liberi di poter godere dell’unica cosa che gli è rimasta e cioè la nostalgia!!! Sono passati 70 anni. Lasciate la libertà ai reduci e a chi, con onore pari al vostro, scelse la parte sfortunata della storia, di raccontare ai propri nipoti il gelo della Russia, il fuoco del deserto d’africa, la dignità di chi scelse la morte in luogo di una possibile, spesso infame, salvezza! E sapete perché dovete farlo? Perchè tutto questo non è apologia del fascismo; no! Tutto questo era apologia del fascismo, forse, in passato. Oggi no; oggi che un nonno fascista non riuscirebbe mai a portare sulla sua via il nipotino troppo distratto sul suo Iphone; oggi che un fascista non lo trovi manco se lo ordini su Amazon; oggi che anche intellettuali della vostra bandiera hanno abbandonato l’antifascismo militante; oggi, tutto quello che riguarda il fascismo, è CULTURA! E’ memoria storica; è conoscenza di se stessi, delle proprie origini; è comprensione dei fenomeni sociali, degli humus che si fondono e susseguono sui binari del tempo per modellarci e modellare il nostro essere interiore. Studiare e, quindi, capire: rimuovere mai! Quale peggior azione per operare verso lo smarrimento; è questa una azione che non fa servizio neanche all’antifascismo; quello intellettuale, non isterico, valido, necessario nel quadro di insieme della analisi storica. Non può esservi studio e comprensione senza analisi e confronto di un fenomeno e delle visioni intellettuali antagoniste. Operare in modo inclusivo e non recidendo rami e creando autocoscienze storiche monche e deformi; cosa protagonista in buona parte dei cittadini, per colpa dell’antagonismo isterico militante che ha controllato il mondo della cultura in modo quasi mafioso. Fare cultura, sempre, a tutto tondo. Parlare di tutto e non precludere il pensiero di chi, per emozioni personali, esperienze di vita, ricordi, dolori e lutti, ha il sacrosanto diritto di portare avanti le propria storia e testimoniarla. Deve saperne qualcosa l’On. Fiano che ha una vicenda di dolore, legata al fascismo, e che parla della sua famiglia. On. Fiano non vale solo per lei! Ci sono tanti fascisti, persone per bene che non avrebbero ammazzato nessuno, che hanno storie di dolore come la sua ma dalla parte opposta della storia: hanno pari dignità! Portare la propria testimonianza senza vietare quella altrui. Con il rispetto delle emozioni di tutti. C’è chi ha perso un figlio o un padre da un lato e chi dall’altro. Fare distinzioni, a caldo, è umano. Dopo 70 anni è idiota.
Violenza e ignoranza; questo sono, oggi, le manifestazioni dell’antifascismo. Aggredire Pansa per un libro che racconta i dolori di tutti e non di una sola fazione è violenza; vietare la memoria storica di una parte importante della nostra vicenda nazionale è ignoranza. Sarebbe il momento, dopo tanti decenni, di finirla con questa idiota violenza culturale e consegnare il fascismo e il comunismo alla memoria storica e alla produzione di cultura, senza steccati. Raccontare quindi, tutto. E non vedere fantasmi dove non ce ne sono, fosse una maglietta con la scritta DUX. C’è un antifascismo minoritario colto, intellettuale, pacato; da cui io stesso attingo per crescere. Questo è il solo che va rispettato; quello che è critico ma è produttore di memoria storica anche se non condivisa. Chi è nemico di ciò è nemico della cultura. Ecco perché affermo che oggi l’antifascismo isterico militante non è solo fuori tempo; è, in più, certamente, lo specchio di una Italietta becera e ignorante.