Se fossi un giornalista autorevole, lavorarei in un giornale riconosciuto e di una certa fama. Guadagnerei tantissimo, anche 3 euro al pezzo, non meno. E dopo anni e anni di carriera addirittura 10 euro. Ma, in cambio di tale fortuna, non potrei mai scivere quello che penso. Ne ebbi prova in un colloquio svolto in un giornale palermitano. Non era mia intenzione e aspirazione, ma dopo aver intervistato Cuffaro lui ebbe simpatia verso di me e di sua iniziativa mi fece la sorpresa di organizzare un incontro con un giornalista “autorevole”. Il coloquio finì appena lesse il titolo di un mio articolo sulla strage di Bologna. Non sia mai che uno scriva la verità su Carlos.
La verità, la bellezza dello scrivere ciò che si pensa, non ha prezzo. Le poche riflessioni che mi accingo a scrivere, infatti, non avrebbero mai potuto avere luogo in nessun giornale. Forse un paio ci sono, ma comuqnue sarebbe stata d’obbligo la recita delle frasi politicamente corrette che avrei dovuto inserire su quanto è importante avere salvato una vita umana e bla bla bla. Che due palle. Invece salto anche queste. Io detesto il politicamente corretto che è diventata una vera dittatura. E lo combatto con tutto me stesso. E’ obbligatorio dire una cosa? Io faccio il contrario, sia pur dover avere ossequio per Liliana Segre.
ll problema circa i rapimenti degli italiani è stato da me affrontato anche in passato, per il rapimento di Greta e Vanessa. In questo articolo denunciavo alcune evidenze circa le conseguenza del nostro operato rispetto ai Paesi che non trattano, e scrivevo: “Constato ormai da tempo come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna hanno criticato l’operato di chi paga i riscatti. Il cane, infatti, morde la coda. Si, siamo contenti che un rapito torni a casa ma è davvero così giusto farlo tornare a costo di pagare? E’ giusto che il povero reporter americano finito nella mani nell’Isis sia stato sgozzato e altri no? E’ corretto che alcuni Paesi, per non finanziare i terroristi, tentino blitz per liberare gli ostaggi ma si rifiutino di pagare, mentre altri invalidano questi sacrifici umani sovvenzionando a suon di riscatti coloro i quali, con quei soldi, si riforniscono di armi e continuano la loro opera di morte? Non è difficile capire, da queste domande, che la vicenda può, per molti, rimanere senza risposta lasciandoci a cavallo tra il si e il no; tra il non è giusto pagare e il però… Certo, c’è il cuore, ci sono i sentimenti che ci condizionano; ma questo può riguardare noi persone normali, mai una classe dirigente e le istituzioni che, con fermezza, devono fare ciò che è giusto anche se difficile; come dichiarare guerra, se è il caso. O non pagare un riscatto. Perchè che questo modo di operare, pagando i riscatti, abbia molti lati negativi non vi è dubbio. La prima cosa da dire è che ciò mette a rischio la vita, ad esempio nel nostro caso, di qualsiasi italiano in giro per il mondo che, data la fama del nostro Paese, verrà certamente visto come un assegno circolare pronto da incassare. L’Italia come una specie di bancomat pronto a elargire. La seconda cosa che sto pensando, e mi rifaccio a quanto accennato qualche rigo sopra, è la mia contrarietà al fatto che Paesi che lottano contro lo stesso nemico e che fanno parte di coalizioni internazionali militari che si prefiggono gli stessi scopi, si comportino in modo diverso di fronte al nemico comune. Mi spiego: domattina, all’ennesimo rapimento di un americano, gli Stati Uniti potrebbero dire di voler pagare, in quanto il sacrificio di molti suoi cittadini rapiti e uccisi per non cedere al ricatto, sono stati vanificati da chi, invece, si è piegato. Questo non farebbe una piega ma provocherebbe una valanga di rapimenti in tutto il mondo e una valanga di soldi, che attraverso i riscatti, finanzierebbero i terroristi. Ciò non avverrà mai, credo; ma chi potrebbe mai dire nulla all’America? Pagare sarebbe suo diritto come lo è stato per noi, no? Proprio per questo credo che la questione vada analizzata in modo serio dalle classi dirigenti dei Paesi cosiddetti “occidentali” che fanno fronte comune. Per questo credo sia corretto da un punto di vista operativo, oltre che da quello morale, essendo questa una battaglia comune, creare un tavolo internazionale dove si prenda una decisione comune sulla questione dei rapimenti e in base alla quale si comunichi, ai cittadini dei rispettivi Paesi e al mondo, cosa avverrà in caso di altri rapimenti. Perché o paghiamo tutti o non paga nessuno! O salviamo la vita di tutti o quella di nessuno!”.
Ma ancora aggiungevo un’altra considerazione: “Anche se l’epoca dei sequestri in Italia è lontana, tutti noi ricordiamo vicende dolorose di persone facenti parte di famiglie abbienti che vennero rapite per scopo di riscatto. Ebbene ricorderete tutti che in questi casi lo Stato italiano sequestrava i beni e i conti corrente delle famiglie per impedire di pagare riscatti; la normativa in merito prevede ancora questo. Una normativa che condivido e che è servita a rendere talmente difficile il far avvenire il pagamento di riscatti, se non impossibile, che questa pratica ha visto il tramonto. Di grazia, con che diritto lo Stato Italiano, che paga riscatti milionari coi soldi di tutti, impedisce ad un padre di famiglia di liberare il figlio rapito, pagando un riscatto con denaro di sua proprietà?”
L’aspetto però su cui voglio soffermarmi, è quello che già tutti denunciammo nel caso di Greta e Vanessa, le vispe terese scrisse qualcuno. E cioè che spesso e volentieri queste liberazioni di terribili sequestri ci mettono davanti persone fresche e profumate, che stanno benissimo, e appena scese dall’aereo danno sfogo alla peggiore rappresentazione del conformismo di sinistra in salsa islamica. Chi non ha notato che per fare la recita dei colti e dei diversi, a sinistra fanno gli islamisti a tutti i costi?
Arrivano ste rapite e sono assolutamente in buoni rapporti coi rapitori di cui parlano benissimo, sfoggiano il velo, studiano il Corano, in questo caso si convertono all’Islam. Ma che bello, che meraviglia! Le cose che sto scrivendo sono provate dal fatto che quando viene liberato un ostaggio ragion vuole che tutti siano contenti. Ma va la ricordate la faccia di Soffiantini quando venne liberato? Era distrutto, ovvio quindi che la liberazione fosse un sollievo per tutti. Quello si che è un rapito. E invece spesso in Italia, come in questo caso, l’opinione pubblica si divide. E sapete perchè? Perchè le pagliacciate e le recite del conformismo di sinistra la gente non le digerisce. La gente non si dividerebbe mai se un ostaggio liberato arrivasse in Italia con sobrietà invece di pilotare attenzioni ostentando veli e conversoni. Una cosa ripugnante.
E la cosa che più fa riflettere è che queste rapite regolarmente dicono che non vedono l’ora di ripartire e tornare dove le hanno sequestrate? Scusate ma veramente non vi sentite presi per il culo? Una persona che ha subito un sequestro terrifico, con mitra e pistole puntate, mesi e mesi di prigionia nel deserto o in africa, ha ripercussioni psicologiche a vita per i traumi. E ha il panico solo a pensare di tornare in quel posto. Queste invece atterrano, belle come le rose appena sbocciate, sorridenti, come se fossero state a una festa. A tal punto che la prima cosa che dicono è di volerci tornare. Scusate ma mica siamo tutti fessi. La storia del rapimento “normale e reale” non sta in piedi. Un rapito vero liberato è distrutto, terrorizzato, annientato da quello che gli è accaduto. E la domanda è: i soldi a chi sono andati? Dato che la Romano ormai è una sorella musulmana forse può esserci di aiuto a capire meglio. Se ne occuperanno i magistrati che la ascolteranno. E questa verità, che posso scrivere perchè non guadagno 3 euro in un giornale autorevole, è percepita, reale, innegabile. Mi faccio portavoce di tantissime persone che pensano queste cose ma non hanno i mezzi per dirle.
Ci ritroveremo pure a dover sopportare la pagliacciata di questo antipapa che la incontra a San Pietro? Il caro Francesco farà pubblicità di come è bello e stimolante convertirsi all’Islam? Ci aspettiamo di tutto. D’altronde il soggetto lo conosciamo. E non parlo di Silvia Romano. Anzi, Aisha. Chiedo scusa, ora si chiama Aisha. Ma per cortesia…