Cari amici e lettori, negli ultimi giorni, come sapete, è stata scoperta l’acqua calda. Una serie di conversazioni con protagonista Luca Palamara, sono state diffuse facendoci assistere alla patetica messa in scena di gridare allo scadalo come se fosse stato scoperto qualcosa di nuovo, inaspettato, che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. Una cosa veramente patetica, ridicola, che fa riflettere le persone dotate di pensiero critico e che valutano tutto questo come fumo negli occhi per non farci scoprire quello che ci sarebbe da scoprire. Ma chi è quel cretino, in Italia, che ancora negava il potere dei giudici incontrollato? Ma chi è quel fesso che, ancora, oggi, tenta di negare l’uso politico della giustizia? Ma chi è quel babbeo che, oggi, può dirsi stupito dell’aver letto i messaggi riguardanti Salvini dove i giudici dicevano che era innocente ma bisognava attaccarlo? Dai, siamo seri, qualche sciocco che nega l’evidenza lo conosciamo tutti, ma mi rifiuto categoricamente di credere che una persona normodotata, e di qualsiasi estrazione sociale e cultura politica, possa essersi stupito di quanto abbiamo appreso. Essendo, queste cose, banali ovvietà scontate e consolidate – quasi accettate ormai come normali – dello svolgimento del vivere della nostra democrazia malata.
Ottiene quindi risalto – seguitemi – un ragionamento di diverso tipo. Come ho detto, quello del fumo negli occhi. Non possiamo permetterci, questa volta, la distrazione dell’uomo medio ammaestrato. Chi di voi mi segue e mi legge da anni, conosce bene il modo che ho di definire i giornalisti “autorevoli” di questo Paese. Il mio amico Daniele Ditta si limita al termine “prezzolati”; io utilizzo il termine “criminali”. Sono dei criminali. Le vicende che vi ho narrato a contorno della commissione Mitrokhin, hanno delineato un quadro definitivo sulla domanda delle domande, che tutti dobbiamo porci: “ma in Italia, certi gioralsti, che lavoro fanno”?.
Ed è qui il punto. Soggetti venerati come eroi, che hanno avuto risalto e protezioni, hanno operato e operano in modo genuino? E queste persone, in questa vicenda che nasce con Palamara, stanno gettando fumo negli occhi per non far capire alla gente quello che io affermo da tempo?
Diversi anni fa, un fenomeno di costume e sociale ha preso piede in Italia. Si chiama “circo mediatico giudiziario”. Questo fenomeno ha visto l’alba con il potere incontrollato e sovversivo che la magistratura ha ottenuto dopo tangentopoli grazie alla sciagurata abolizione dell’immunità parlamentare. Tra giudici e giornalisti si è creata una sorta di patto, di partito di potere, che ha avuto scopi ben precisi. Quello di conquistare posizioni e condizionare la vita politica del Paese e la democrazia, agendo in modo mirato per tagliare le gambe a questo o quel politico, solitamente innocente, che grazie alla diffuzione incontrollata di intercettazioni penalmente irrilevanti – questa cosa costituisce reato oltre che un problema deontologico – ha avuto funzione di falange macedone.
Nacque così la Repubblica delle manette, ma non era abbastanza. Francamente non possiamo dirci sereni davanti a un Piercamillo Davigo che dice che non bisogna aspettare una sentenza. Francamente non è una cosa inquietante, è molto di più. Perchè significa che nel mentre va benissimo la gogna, in attesa che una sentenza, magari ti assolva. Travaglio lo ha subito, ovviamente, difeso.
Negli ultimi anni, lo sapete meglio di me, ha preso molto piede un giornale, il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, che del lavoro giornalistico su questi temi è stato in prima fila. Ricordo ancora, i primi giorni, un grande Massimo Bordin che a “Stampa e Regime” su Radio Radicale, disse ridendo: “ma questo non è un giornale, questa è la gezzetta delle procure. “La Gazzetta Delle Procure“. Così, uno dei più bravi ed esperti giornalisti d’Italia, definì questo giornale con il chiaro intento di descrivere lo stesso come una specie di organo a disposizione dei giudici, come fosse stato da loro finanziato e fondato. Quegli stessi giudici e giornalisti, che Bordin combatterà nel merito, circa la campagna stampa sulla “Trattativa Stato – Mafia” basata sul finto pentito depistatore Scarantino, e poi crollata miseramente alla comparsa di Gaspare Spatuzza.
Aveva ragione Bordin? Oppure erano solo pettegolezzi di giornalisti non amici? Travaglio e Il Fatto Quotidiano sono sempre stati “indipendenti” e liberi come hanno fatto credere e hanno ostentato, oppure hanno lavorato sempre con uno scopo in comunione coi giudici? Io ho delle opinioni personali, ma non posso avere certezze e muovere accuse.
E’ però significativo, oggi, leggere le parole di un altro grande giornalista, che certamente credo fosse lontano da Bordin. E’ Piero Sansonetti. Tutto si può dire di Sansonetti, ma non che sia un criminale o una persona scorretta. Se non altro per la faccia, la fisiognomica, che non mente mai. E non mente neanche quando questa ci fa valutare la faccia dei giornalisti criminali, falsi e biechi che non sfuggono al giudizio inoppugnabile dopo anche solo uno sguardo.
Lo “scandalo” degli ultimi giorni, infatti, è molto dibatutto da questo giornalista. Lui, su Il Riformista, scrive testualmente: “Sarebbe bello se anche il Fatto, quando parla di Davigo&Di Matteo ci avvertisse che quelli sono gli editori”.
Ma non conclude, ed anzi sottolinea azioni e condotte: “È vero anche che noi siamo contrari alla pubblicazione delle intercettazioni, specie quelle coperte da segreto, che in genere il Fatto pubblica, sebbene la cosa sia del tutto illegale, perché le riceve da Pm, altrettanto illegali e molto manovrieri, i quali le regalano ai giornalisti per segare le gambe a qualche politico o qualche magistrato nemico. In genere innocente. Il mestiere di segare le gambe per conto terzi – in genere agli innocenti – non ci è mai piaciuto. Spesso le intercettazioni le riceviamo anche noi. Però non facciamo ricettazione, non è nei nostri costumi. E quindi non le pubblichiamo. Neanche se nelle intercettazioni si parla di Travaglio”.
Mi ricollego a quanto detto in premessa, circa il fatto che pubblicare solo le cose riguardanti Palamara, io affermo sia fumo negli occhi proprio per non fare crollare il mondo del giornalismo, che è fatto di soggetti che Sansonetti definisce operanti per conto di giudici che fanno loro da editori. Ha torto o ragione? Se lo afferma senza paura di alcuna querela qualcosa vorrà dire.
Ed è proprio ancora Sansonetti che ci conferma quanto da me temuto, e cioè che tonnellate di intercettazioni, in questo caso, siccome riguardano i giornalisti e non Berlusconi allora non vengono pubblicate. Egli infatti scrive: “Nessuno obbliga il Fatto, che ha pubblicato sempre tonnellate di intercettazioni, a pubblicarne tonnellate anche stavolta. È chiaro che è un diritto costituzionale del giornalista di non pubblicare notizie o intercettazioni sgradite. Se stavolta le intercettazioni travolgono la magistratura (cioè la ditta: non solo per il Fatto, per il quale più che la ditta la magistratura è il divino, ma per quasi tutti i giornalisti di giudiziaria) è ovvio che molti, o quasi tutti, decidano di non pubblicarle o di pubblicarne poche poche. Tantomeno è obbligatorio pubblicarle se riguardano addirittura gli stessi giornalisti. Che bisogno c’è di tirarsi addosso merda da soli?”
Parole inequivocabili come inequivicabili sono i lineamenti del volto, la fisiogomica, delle persone non genuine. Come inequivocabile è lo scandaloso silenzio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si limita a far trasparire pochi pensieri attraverso comunicati quirinalizi, invece di fare quello che dovrebbe fare, in un Paese dove nessuno fa quello che dovrebbe fare, per incroci di potere, equilibri non scritti, verità a noi nascosta. Un Paese dove tutto andrebbe rifondato; un luogo ridicolo e sinistro, come lo chiamava Pasolini; una Italia che ci ha stancato. Una Italia di cui le persone per bene sono stanche. Siamo stanchi di provare vergogna, per la consapevolezza nauseabonda di essere cittadini di una fogna. Siamo cittadini di una fogna!