Contrariamente a quanto si crede leggendo la maggior parte dei libri di storia, i fenomeni storici e politici complessi non si sono mai sviluppati nel breve tempo assimilabile a quello della lettura di un paragrafo; gestazioni lunghe, fatti, aneddoti, episodi scatenanti sono quei mattoni del tempo che hanno costruito i muri della storia e solo studiandoli a fondo si può comprendere l’oggi. E’ per questo, spesso, che l’analisi dell’attualità esercitata da molti risente di una cecità indotta da quel modo sbrigativo di imparare nozioni sugli eventi che furono.
Era l’ottobre del 1922 e dopo tentativi di compromesso falliti, che videro l’offerta a Benito Mussolini dell’incarico di Ministro degli Esteri, Vittorio Emanuele III Re d’Italia, anche sulla base del consenso verso il Fascismo da larga parte della società, decise di avallare il colpo di Stato che avrebbe portato poi alla indicazione di Benito Mussolini come uomo incaricato della formazione di un nuovo governo. Il 16 novembre il “discorso del bivacco”, all’insediamento del Duce del Fascismo, echeggiò alla Camera dei Deputati; vi invito a leggerlo, per paragonare certe parole chiave e quelle dell’oggi.
Appunto, come accennato all’inizio dell’articolo, non è nel volgere di un paragrafo che si fa la storia e quel governo di un Benito Mussolini prima volta Presidente del Consiglio, si confrontava con un parlamento variegato e caratterizzato da forze di opposizione di varia natura. Fu così che, dopo esser stato nominato senza elezioni, a poco tempo dal suo incarico, Benito Mussolini fece produrre una legge elettorale dal suo uomo di fiducia e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giacomo Acerbo. Questa prevedeva che i due terzi dei seggi fosse assegnato al partito di maggioranza relativa e che il premio scattasse al raggiungimento del 25%. Il 40, quantomeno il 33 furono le soglie chieste a gran voce dalle opposizioni ma così era stato deciso e, nel luglio del 1923, venne approvata la legge; certamente grazie alla messa in gioco della questione di fiducia che fu protagonista di quel tempo che ci parla dell’oggi. A legge approvata venne pilotato lo scioglimento delle Camere che Vittorio Emanuele ordinò, qualche mese dopo, il 25 Gennaio del 1924. Quello che si sarebbe presentato alle elezioni passò alla storia con il nome di “listone”, una grande convergenza sul binario fascista, in alcuni casi opportunistica, di personaggi provenienti da varie storie politiche tra i quali anche molti popolari distaccatisi da Don Luigi Sturzo. Vennero indette, quindi, nuove elezioni per il 6 aprile del 1924 dove, in conseguenza anche a fama e onore nel quadro dell’annessione di Fiume con il trattato di Roma Italo-Jugoslavo avvenuto in gennaio, il Duce raggiunse il 60,1% dei consensi prendendo il possesso assoluto del Parlamento del Regno d’Italia. Pochi mesi dopo venne assassinato Matteotti e il gesto delle dimissioni dall’incarico di ministro da parte di uomini immensi come Giovanni Gentile, il più importante filosofo italiano del 900, simbolo di un fascismo intellettuale di cui è vietato parlare, non riuscirono ad essere promotrici di quella pacificazione nazionale sperata. Nacque così, molto tempo dopo l’avvento sulla scena parlamentare di Mussolini, quel regime la cui gestazione, i cui mattoncini per costruire il muro della storia, videro mesi, fatti, aneddoti e leggi promulgate propedeutiche alla sua nascita. Non una valutazione nel merito del Fascismo voglio argomentare in questa sede, quindi, ma, come avrete già capito, ho voluto operare affinché anche chi non mastica i bocconi della storia possa analizzare gli eventi attuali con un occhio consapevole e non cieco. Certo, oggi non vi è olio di ricino, violenze, pestaggi, omicidi politici. Ed infatti i fenomeni passati non vanno attualizzati per paragonarli a quelli di oggi in modo sterile, al fine di argomentare che accadranno le stesse cose o che i protagonisti di oggi sono come quelli di ieri; no, è ovvio. Vanno attualizzati per argomentare sul come nascono gli autoritarismi, che nell’epoca dove la violenza era regola e normalità, operavano attraverso di essa; in un’altra dove questa è divenuta obsoleta opereranno in un altro modo, ma sempre con la stessa matrice: quella che non prevede la concertazione.
Si, cari amici, seppur brevemente e con pochissima dovizia di particolari che sarebbe importantissimo narrare ma per i quali non vi è spazio in un articolo, ho appena raccontato la storia di un giovane. Un giovane spavaldo, autoritario, molto ambizioso. La storia di un giovane che riesce a farsi nominare Presidente del Consiglio senza elezioni e, durante il suo operato iniziale, vede dimettersi ministri del suo stesso partito, per dissidenza, senza che questo provochi una pacificazione e una apertura al dialogo. La storia di un giovane che opera politicamente per il raggiungimento di una legge elettorale da approvare il più presto possibile e che prevede di dare la maggioranza assoluta al partito di maggioranza relativa così, poi, da non aver più ostacoli verso il potere. La storia di un giovane che per mesi vede convergere nel suo partito deputati provenienti da altri gruppi parlamentari e che, approvata la legge elettorale, vedono come scopo lo scioglimento delle Camere per andare a nuove elezioni convergendo in un listone unico, un partito della nazione pronto a convogliare tutti e silenziare le diversità del parlamento; di fatto limitando al massimo, nella produzione legislativa, la possibilità di emendare le leggi. Buona fortuna all’Italia e a tutti noi. Accadde domani: era l’aprile del 1924.