“Non poteva esserci diversa conseguenza di una guerra sciagurata voluta sconsideratamente dalla Francia e che l’Italia ha seguito in modo folle e incomprensibile. Non avevo mai visto un Paese che paga una guerra fatta contro di lui”. Se queste parole le avesse pronunciate, in queste ore, Silvio Berlusconi, ci sarebbe poco da argomentare e scriverci sopra; sarebbero una ripetizione di quelle pronunciate all’inizio di questo disastro. Se le avessero scritte i giornalisti di Libero o del Giornale certo non sarebbe il caso di soffermarsi; sarebbero la conferma di quanto loro scrivevano, soli contro tutti, mentre venivano accusati di essere servi del padrone amico di Gheddafi dal mondo dell’informazione asservita al conformismo pro-primavera araba. Se le avesse pronunciate un Brunetta qualsiasi, ovviamente, questo ricadrebbe nella normale conferma delle opinioni che il mondo di centrodestra, attraverso i suoi politici di tutti i livelli, ebbe sull’intervento contro Gheddafi; e quasi non verrebbero notate. Paradossale è, invece, la realtà. A pronunciarle è stato Romano Prodi. Dov’era, il Professore, mentre Berlusconi veniva massacrato per le stesse parole?
Le dichiarazioni del Ministro Gentiloni sulla possibilità imminente di intervenire in Libia attraverso una azione militare hanno aperto il dibattito verso ciò che ci aspetta e le gravi responsabilità di chi ha provocato questo disastro. Per essere chiari e capire meglio la condizione Libica è necessario spiegare che buona parte del Paese è ormai in mano ai tagliagole. Questo è avvantaggiato della situazione governativa caotica nata nel periodo post Gheddafi. Sono presenti, infatti, due governi in carica. Il primo governo, quello di Tripoli, è quello degli islamisti non riconosciuto dalla comunità internazionale; il secondo, quello di Tobruk, è quello laico riconosciuto pienamente. Questi governi, certo, non controllano e non governano un bel niente e il panorama è costellato, come se non bastasse, da una galassia di milizie indipendenti e fuori controllo. Un capolavoro geopolitico di cui ho già scritto in un articolo su Obama.
Quello che nessuno ha spiegato è che la situazione libica, in caso di un intervento, ormai quasi inevitabile, è molto diversa dalla vicende belliche degli ultimi anni. A partire dagli interventi sull’altra sponda dell’adriatico, dove gli italiani bombardarono coi propri aerei i punti nevralgici occupati dalle milizie serbe, e finendo alle missioni militari in medio oriente, con dispiegamento di contingenti al termine dei conflitti portati avanti da altri eserciti, si può dire che l’esercito italiano una guerra vera e sul campo non l’ha mai fatta. Cosa intendo dire? Le operazioni militari che abbiamo condotto, in questi casi, sono sempre state di supporto. Perché, qualcuno di voi si chiederà leggendo, non sarà così anche questa volta? Perché anche questa volta il lavoro sporco, la vera guerra, non dovrebbe essere fatta da militari americani e inglesi con il solo appoggio della basi militari, soprattutto siciliane, come in passato? Lo penso per vari motivi. Il primo è una immensa anomalia che mi ha fatto storcere il naso. A fare, quasi, una vera e propria dichiarazione di guerra non è stato il Ministro della Difesa, bensì quello degli Esteri. Perché? La differenza non è sottile. Potrebbe trattarsi di un semplice problema di autorevolezza, certo; il Ministro Pinotti è la signora che ha dichiarato se è davvero utile avere una aeronautica militare. E, quindi, dare l’onere della parola a Gentiloni potrebbe essere stata una scelta di Renzi per evitare altre figuracce da parte di chi siede sulla poltrona che è stata di uomini di immenso calibro come Antonio Martino; e che certo ci ricordano momenti autorevoli ormai lontani. Ma potrebbe anche non essere così. Gentiloni potrebbe aver preso parte a colloqui e incontri, consoni alla sua funzione, che lo hanno reso consapevole di una solitudine a cui l’Italia pare essere condannata dalla mancanza di dichiarazioni internazionali di vicinanza, sia da leader dei Paesi europei che di altre figure, sulla necessità di difendere l’Italia che è esposta in prima linea a causa della vicinanza alla Libia; siamo, infatti, a “tiro di missile”. Questa solitudine e questa dichiarazione fortissima di Gentiloni, sembrano un avvertimento alla Nazione di una azione di guerra che è già stata decisa e che necessita di tempestività. Infatti, a differenza delle altre situazioni belliche del passato in Paesi lontani da noi, la Libia è il porto di partenza degli approvvigionamenti energetici che arrivano in Italia. Il petrolio estratto lascia i porti a sud di Lampedusa attraverso le petroliere ma, in più, vi è il grande gasdotto che arriva in Sicilia ad essere uno dei punti più delicati sullo scacchiere. In molti avranno già capito quello che sto per dire. E ne avremo conferma quando le indiscrezioni sul fatto che la “Folgore” sarebbe in stato di allerta verranno confermate dalle massime Istituzioni. Chi sa cosa è la Folgore comprende che qui non si tratta di andare a bombardare da lontano e senza rischi qualche landa desolata nel deserto. E’ esattamente il contrario. E’ necessaria una operazione di guerriglia su terra da parte dei corpi speciali per andare a prendere possesso dei porti e degli aeroporti, nonché dei pozzi petroliferi e degli snodi nevralgici delle forniture energetiche. Cosa accadrebbe se queste finissero in mano all’ISIS? Appare verosimile che l’unica operazione possibile sia l’invio di paracadutisti appoggiati da corpi speciali della marina per prendere possesso delle zone costiere e nevralgiche del Paese. A quel punto i nostri ragazzi sarebbero sul campo davvero, assediati in piccole enclavi circondate da miliziani del califfato intenti ad espugnarle. E’ lo spettro di Mogadiscio e solo Dio può sapere a cosa potremmo andare incontro. Certo i militari catturati non verrebbero trattati osservando i trattati internazionali sui prigionieri di guerra; sarebbero sgozzati davanti le telecamere. Ma se questa azione di guerra e questo scenario avrà luogo e se tanti figli italiani moriranno qualcuno, in Italia, dovrà fare i conti con la propria coscienza. Con la propria sporca coscienza da politicante.
Rabbia, immensa, anche se ormai inutile, proviene da chi aveva avvertito che quella guerra era idiota, insensata, autodistruttiva. La dichiarazione in testa all’articolo di Romano Prodi è il simbolo di una intera parte politica, la sinistra, che, in questo come in altri casi, sull’altare dell’andar contro Berlusconi ha arrecato danni, senza amor di Patria, all’intera nazione. Certo non potevano aspettarsi un disastro di queste proporzioni ma non è una giustificazione. Le persone intellettualmente oneste non possono dimenticare la campagna mediatica, contro Berlusconi l’amico del dittatore Gheddafi, che con le migliori penne del Paese scriveva di “dovere aiutare e appoggiare le meravigliose spinte di democrazia del nord africa”. Ma qual era la realtà? L’Italia, in concomitanza con la dichiarazione di un’ imminente costruzione di cinque centrali nucleari, era riuscita a concludere trattati energetici che potevano lanciarla, in pochi anni, verso una indipendenza politica dai potentati stranieri; e per questo contro Berlusconi, come gli altri Leader nella nostra storia che operarono per far divenire questo Paese indipendente sullo scacchiere internazionale invece che essere utilizzato come base militare americana nel mediterraneo, venne ordita una operazione che si concluse con la sua rimozione. Il comportamento di Obama verso la Russia non può che farci chiudere il cerchio della consapevolezza, ricordando il grande rapporto del nostro governo con Vladimir Putin e i canali preferenziali nella fornitura di gas russo. La verità è sotto gli occhi di tutti e difficile da negare. La guerra in Libia fu una guerra contro l’Italia e i suoi interessi; contro l’autorevolezza e l’indipendenza che era riuscita a costruirsi. Chi ha memoria deve però ammettere che l’irresponsabilità con cui tutta la sinistra italiana ha prestato il fianco a tutto questo, in nome dell’antagonismo politico, rappresenta una della pagine più gravi e vergognose della storia di un Paese che è stato venduto pur di abbattere l’avversario politico. Le parole di Romani Prodi, tardive, suonano come una beffa. Meglio tacere!