Siamo davvero alle soglie di una guerra, di uno scontro di civiltà. Non è più uno scherzo. E non riesco più a ridere, pensando che i processi sociologici hanno bisogno di anni per maturare e che, in una visione futura, immagino quale potrebbe essere la situazione tra venti anni. Le discussioni sul tema “diritti gay” hanno ormai abbandonato da tempo il “campo da gioco” del necessario rispetto della sessualità di tutti; o, figuriamoci se non siamo tutti d’accordo, delle necessarie leggi che andrebbero fatte per tutelare i diritti civili di ogni persona, qualsiasi sia l’orientamento sessuale. No, non siamo più a questo. Progetti scolastici per scuole materne o asili prevedono libri di fiabe dove vi sono due pinguini maschi che covano un uovo; principi azzurri che si amano e si baciano; famiglie con genitori gay; dove la cicogna non c’è più e al bimbo viene detto, dalle due mamme, che il fratellino viene portato dal semino della clinica. Altri progetti scolastici prevedono che i bimbi, maschi e femmine, si scambino i vestiti. Operazioni per lobotomizzare il loro cervello e inculcargli che i sessi non esistono, che vi è parità assoluta, che maschio o femmina sono una convenzione e il sesso a cui appartenere è una scelta. La teoria gender: “una ingegneria sociale”, come l’ha definita Diego Fusaro, un integralismo omosessuale dico io, che vuole operare esperimenti sui cervelli delle nuove generazioni sin dall’età infantile così da deviare la psiche, il pensiero, la formazione e l’inclinazione sessuale. Siamo alla barbarie. Chi si oppone, chi dissente, come Dolce e Gabbana, ne paga le conseguenze.
Un esercito del male ha deciso di distruggere ogni possibilità di pensiero che si opponga alla sua cultura, ai suoi voleri, ai suoi ordini. Un fondamentalismo dei nostri tempi, appunto, violento e organizzato, strutturato nella società, nel mondo politico e della cultura. Con metodi standardizzati, e che si ripetono in serie, si osservano varie e distinte, susseguenti, fasi operative: viene identificato il soggetto che si è permesso di avere una opinione libera sul fatto che, pur rispettando tutti, egli appoggia la famiglia tradizionale; segue la violenza della proscrizione, della pubblica derisione, del ludibrio dinanzi al mondo descrivendo il soggetto come una bestia, un insensibile, una persona di basso profilo umano e morale; poi viene operata una analisi dei suoi interessi economici, in modo tale da organizzare una vera e propria minaccia per la sua vita. Quello che ha costruito in decenni può essere spazzato via dalla violenza della purga stalinista che è stata decisa per lui. E’ un Pogrom. Una struttura ramificata di “soldati del progresso” boicotta la sua azienda, la sua persona che viene privata della dignità, e opera con violenza su chi non si accoda a partecipare. Venivano consegnati gli ebrei anche per paura di passar guai personali; con lo stesso animo, molti, soprattutto personaggi famosi o uomini con incarichi pubblici, sono terrorizzati dai rischi che correrebbero nel prendere le difese del malcapitato e quindi stanno zitti anche se hanno la stessa opinione. E i malcapitati, come gli ebrei, vengono lasciati soli e “consegnati” all’esercito dei fondamentalisti omosessuali che “sgozza”, per metafora legata alla nostra attualità, chi si permette di avere una opinione non accettata. Ma non basta. C’è di più: tutti coloro che trovano il coraggio e tentano pubblicamente di difendere il malcapitato vengono a loro volta aggrediti, insultati, descritti come persone immonde. Una intimidazione mafiosa. Non puoi scappare. Se la pensi come loro, o fai finta per paura di opporti, sei una persona colta, per bene, rispettosa e civile. Se hai una opinione opposta sei una bestia, un ignorante, un incivile schifoso. Una persona che non sa cosa è l’amore. Il malcapitato tenta di reagire, spiegare che lui vuole solo esprimere la sua opinione rispettando gli altri; ma è una frase fatta: sa bene che chi lo sta massacrando opera affinché quella opinione non sia un diritto. Deve tapparsi la bocca, vergognarsi. Non cede, vuole dire ciò che pensa e allora le fasi procedono, una dietro l’altra: la sua azienda deve essere distrutta, la sua persona isolata e messa alla gogna. La gente, quando lo incontra, deve evitarlo. Un essere da distruggere. In poche ore si disegna questo quadro, ogni volta, ripetutamente. Come successo a Guido Barilla. Il malcapitato di turno si è permesso di dire, ad esempio, che la famiglia, per lui, è quella tradizionale: poche ore e la sua vita finisce in un tritacarne. Non esce più di casa, legge tutti i giornali, osserva l’operazione con cui una ramificata organizzazione, una lobby come ha detto Papa Francesco, su scala internazionale, sta dando ordini operativi per distruggere i suoi interessi economici. L’angoscia pervade il soggetto che finisce nell’angolo. A questo punto le persone che gli sono vicine, la famiglia o gli amici, gli consigliano di piegarsi ai mafiosi che stanno chiedendo il pizzo alla sua anima: non lo distruggeranno solo se rinuncia alla libertà di pensiero. Egli accetta ma questo non basta. Deve chiedere scusa al mondo, prostrarsi pubblicamente, dire di non capire come sia stato possibile aver pensato e detto certe cose vergognose e immonde come aver affermato che un bimbo ha diritto ad avere una mamma e un papà, come la natura, non a caso, ha previsto. E se lo rimangia; fatto: ancora non basta. Deve esserci una rieducazione: sembra di vivere in un Laogai. Non basta rimangiarsi il tutto ma il cervello deve essere riportato alla verginità così che non si possa verificare nuovamente quanto accaduto. Si devono ripetere frasi di scuse, calibrate e ben scritte, fino alla maturata convinzione che il proprio pensiero fosse davvero errato, immondo. Poi, i fondamentalisti, consegnano al malcapitato “le chiavi” per poter riscattare posizione sociale e dignità umana pubblicamente. Si deve operare in tal senso: oltre al fatto che l’opinione sia stata ritrattata si deve scendere in campo come attivista per difendere la posizione che prima si osteggiava. Come ha fatto Barilla, ad esempio, che ha trasformato la sua azienda in una icona gay friendly. C’è la possibilità, come lui, di fare un video, all’impiedi, davanti una telecamera. Bisogna chiedere scusa a tutti. Così da farlo vedere a tutti ed essere da monito; come era, appunto, nei Laogai cinesi con i deportati che, nell’ora di rieducazione, ascoltavano i soggetti prescelti che umiliavano se stessi dinanzi a tutti. Il pomo d’adamo sale e scende tradendo l’emozione del momento; del rischiare la vita se qualcosa andasse storto, se una frase fosse mal pronunciata. E invece il malcapitato ce la fa, supera tutte le prove. Adesso afferma che quanto detto da lui in precedenza era sbagliato, immorale. Scende in campo per difendere i carnefici. Si attiva, promuove iniziative. E’ fatta, la rieducazione è completa: i giudici del progresso lo assolvono dai suoi peccati. Può essergli restituita la dignità. Tornare a vivere, adesso, è un diritto.