Alla fine è arrivato anche lui, si; anche lui: il Silvio antifascista piccola canaglia. Ci eravamo abituati a vederlo in tutte le vesti. C’è stato il Silvio estimatore del Duce “che non ha mai ammazzato nessuno”; c’era stato il Silvio col fazzoletto rosso al collo, durante un indimenticabile 25 aprile in cui egli raggiunse una popolarità trasversale da elezione alla Presidenza della Repubblica; popolarità che venne abbattuta dalla festa di compleanno, immediatamente successiva, di Noemi Letizia. C’è stato il Silvio Papi, amico e consigliere delle giovani donne. C’è stato l’indomabile difensore della famiglia tradizionale e, poi, il Silvio selfie con Luxuria e Pascale: il Silvio lgbt. C’è stato il Silvio fascista, partigiano, cantante, imprenditore, animalista, vegetariano, barzellettiere, statista e casinista; non vi era mai stato, però, il Silvio antifascista. Poteva lasciarci senza questa perla?
E insomma tenerla sul serio, scrivendo la cronaca del fatto oggetto di questo articolo, mi riesce alquanto difficile: scusatemi ma io scrivo anche per divertirmi mica per fare cronaca seriosa dei fatti: brutto lavoro in Italia. I fatti sono ridicoli e io rido. Ridiamoci su: si dice così no? Ecco allora succede che Silvio Berlusconi – proprio lui – durante una intervista affermi che a Roma bisogna votare per Bertolaso perché quelli alternativi, quelli della Lega e FDI sono – parolina magica – fascisti! Gesù, lo ha detto. Ora io non lo so se si riferisse alla Meloni o a Storace; sto solo pensando al Principe Valerio che si starà rivoltando nella tomba. Ho passato tutta la mia vita a ridicolizzare, schernire, fronteggiare e deridere i patetici antifascisti militanti da salotto; e adesso che faccio, taccio? Non posso: ne va della mia coerenza. Non posso tacere; non posso anche se a fare l’antifascista militante è stato lui, Silvio il magnifico (perché, comunque, lo è).
Ci eravamo abituati, durante tutta una vita in trincea, ad essere circondati dai finti colti che con un po’ di conformismo di sinistra, con il rispetto delle regole della proscrizione e del politicamente corretto, ci avevano messo ai margini della società e della dignità. Loro, i moralmente superiori, gli antimafiosi, gli ecologisti, gli animalisti ed i patetici, appunto, antifascisti. Non quelli colti e stimabili, attenzione; intendo gli antifascisti militanti, senza contenuti, sempre pronti alle frasi fatte e alla retorica. Questi: specchio di una Italietta patetica e ignorante; dell’Italia peggiore. Nessuna visione critica della storia, del confronto, nessuna crescita: proscrizione dell’altrui pensiero; esercizio insegnato a Frattocchie.
Ci eravamo abituati ormai; viviamo la nostra esistenza senza esser liberi di comprare il giornale che preferiamo senza essere insultati e aggrediti per strada. Ci eravamo abituati al fatto che, i nemici di sempre, questi intellettuali – spesso semplici capelloni fumacanne semianalfabeti – fossero di razza inestinguibile. Passano i decenni e le stagioni politiche; passano le epoche; nessuno ricorda manco cosa sia il fascismo ma c’è sempre li, ad ogni metro, un intellettuale antifascista militante che ti da del fascista. Ci eravamo abituati ma non ad averli in casa. E invece ecco il compagno Silvio; che per poco non diceva di essere un partigiano della costituzione e magari fondava un partito con Ingroia. Che pena!
Che Pena Silvio mio: tu, che dicesti che a Roma avresti votato per Gianfranco Fini. Che pena Silvio mio: tu che hai fatto concludere la storia dell’arco costituzionale sdoganando i fascisti e facendoli diventare forza di governo. Che pena Silvio mio: tu, che coi fascisti ci hai fatto governi e li hai fatti diventare ministri. Che pena Silvio mio; che pena vederti protagonista dello stesso esercizio di questi patetici antifascisti militanti. Non hai detto che bisogna votare per Bertolaso perché è competente e gli altri non sarebbero bravi quanto lui; no: hai detto che gli altri sono fascisti! Proscrizione e mancanza di contenuti intellettuali: antifascismo militante, specchio dell’Italietta più ignorante.
Chissà se mamma Rosa sarebbe stata orgogliosa di te e ti avrebbe seppellito lassù in montagna o ti avrebbe preso a sberle. Non lo sapremo mai. Ma quello che ormai sappiamo benissimo è che, con te, la destra ormai non può che fare l’unica cosa che tu la obblighi a fare: mandare i titoli di coda. Con te, ormai, non resta che cantare canzonette. Ce n’è una il cui verso, in senso metaforico – inteso come processo politico – sposa perfettamente la rotta che tu hai tracciato. Dai, facciamo finta che Apicella ci stia accompagnando con il mandolino e cantiamo tutti insieme: “e se io muoio – da partigiano – o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao – e se io muoio – da partigiano – MI DOVETE SEPPELLIR”!