“Sono un prigioniero politico, un perseguitato”. Le parole di Marcello Dell’Utri di questi ultimi giorni avranno attirato i sorrisi di molti; sicuramente quelle dei nemici storici di Forza Italia e di Berlusconi. Poche settimane fa, ricorderete, una fuga secondo i magistrati “mirata” si concluse a Beirut, in Libano, dove, piantonato in ospedale, Dell’Utri ha atteso una sentenza già scritta: quella che lo ha condannato a 7 anni di galera per “concorso esterno in associazione mafiosa”.
Questa tipologia di reato nacque con una creazione giurisprudenziale che univa il “concorso” (art. 110) e “l’associazione mafiosa”(art. 416 bis), per punire chi portava benefici all’organizzazione mafiosa pur non facendone parte. Un reato dai confini molto labili per il quale non vi è un chiaro dizionario di ciò che comporta esserne colpevoli o meno e che ha lasciato spazi di manovra evidenti fuori da un contesto di “certezza del diritto”.
Numerose interpretazioni di Cassazione hanno dimostrato che questa contestazione è spesso arbitraria e poco legata ad un “onere della prova” che dovrebbe essere il cardine della Giustizia. Se non sei un associato alla Mafia non sei mafioso, ma puoi essere un concorrente esterno mafioso; in una non bene definita serie di comportamenti non descritti nel codice penale ma lasciati, appunto, alle ipotesi e alle congetture, spesso corrette, altre volte no, dei magistrati.
Cuffaro è un mafioso? No, è un favoreggiatore di Cosa Nostra. Ma se è un favoreggiatore, e vi ha apportato vantaggio, perché non è condannato per concorso esterno? Che differenza c’è e come viene stabilita ? Perché Dell’Utri sì e lui no? Per sgombrare il campo da equivoci io penso che Berlusconi, Dell’Utri e altre centinaia di politici di tutti i partiti abbiano avuto rapporti di vario tipo con la mafia. Ma una cosa è pensare, altra cosa è accertare un reato.
Venti anni, tanti ne sono passati alla sbarra per un uomo che ha visto per molto tempo le Procure non riuscire a trovare giustificazioni ad una sua condanna (per un reato che non esiste nel codice, ricordo…). Oggi la condanna avviene giustificandola, a quanto pare, per il fatto che Mangano venne fatto assumere ad Arcore e il contatto fu proprio l’ex Senatore. Ma Mangano, ai tempi, era un incensurato, mai condannato per un reato di mafia o non. Quindi Dell’Utri è condannato a 7 anni per aver fatto assumere ad Arcore un incensurato, suo amico. Scusate: il reato dov’è dimostrato? L’associazione (esterna) con la mafia, dov’è dimostrata? Ma soprattutto, il vantaggio che l’associazione mafiosa ha avuto da Dell’Utri da cosa è dimostrato?
I limiti e la labilità del concorso esterno in associazione mafiosa possono essere descritti semplicemente. Calogero Mannino ha pagato con il “carcere preventivo in attesa di giudizio”, una barbarie medioevale degna di un paese incivile, i vizi più che le virtù di questa ipotesi di reato. Dopo la galera ed una vita distrutta è stato riconosciuto innocente. Ma attenzione: innocente perché i giudici richiesero la prova non solo dei rapporti con l’organizzazione criminale ma anche quella che questi rapporti si fossero concretizzati, facendo sortire effetti. Capite l’arbitrarietà con la quale si decide la vita di un essere umano? In altri casi, infatti, lo stesso quadro probatorio deficitario può bastare per una condanna. Da cosa dipende la vita di un imputato? Dal caso e dalla fortuna che ti capiti questo o quel giudice?
Diversamente da Mannino, appunto, Dell’Utri è stato riconosciuto colpevole. Avrebbe partecipato, anche se non direttamente, ai rapporti tra Berlusconi e la mafia avvantaggiando quest’ultima. D’accordo, ne prendo atto, lo dicono i giudici! Ma allora perché Berlusconi non subisce un procedimento penale per associazione mafiosa o almeno per concorso esterno? Se è vero che Dell’Utri, infatti, ha fatto da tramite facendo assumere Mangano ad Arcore, Berlusconi è quello che lo ha assunto. Il primo è quasi mafioso e il secondo no? Dite la verità: vista così, la faccenda, non appare dubbia? Certo, nessuno potrà venirci a dire che i magistrati proteggono Berlusconi e quindi per questo non lo processano anche per concorso esterno per aver assunto Mangano. Più sensato pensare che un processo del genere non avrebbe senso.
Il problema del concorso esterno in associazione mafiosa, da anni, è al centro di dibattiti e proposte di modifica o abolizione. Lo stesso Giovanni Falcone, spesso scomodato in modo strumentale, era molto critico non solo sul concorso esterno ma addirittura sul modo in cui doveva essere contestata l’associazione mafiosa. Dopo aver imbastito il maxi processo grazie al reato associativo, egli si soffermò sulla necessità di “non contestarlo mai in modo singolo” ma a corollario di altri reati provati che facessero luce sulla effettiva responsabilità dell’imputato. La semplice contestazione associativa, infatti, lasciava e lascia spazi di manovra per definire “mafioso” un determinato soggetto senza un quadro probatorio pieno e lampante.
I problemi che sarebbero scaturiti, a causa anche dei falsi pentiti, dalla semplice contestazione del reato associativo, vennero dallo stesso Falcone così anticipati e denunciati in un suo libro: “Non sembra abbia apportato contributi decisivi nella lotta alla mafia. Anzi, vi è il pericolo che si privilegino discutibili strategie intese a valorizzare, ai fini di una condanna, elementi sufficienti solo per aprire un’inchiesta”.
Ebbene, Io ritengo che la condanna di Dell’Utri sia un chiaro esempio di questo “modus operandi”.