Succede, in Italia, che qualcuno possa minacciarti di finire in galera per aver scritto un libro. E’ questa la cronaca di questi giorni, circa quanto avvenuto a pochi giorni dall’uscita in libreria del testo “I segreti di Bologna”. La cosa che più colpisce è che l’avvertimento, non tanto velato, lo ha subito Rosario Priore, che oltre ad esserne l’autore insieme a Valerio Cutonilli, è uno dei magistrati più importanti della storia d’Italia, esperto di terrorismo e stragi.
“Il giudice Rosario Priore – dice Paolo Bolognesi, parlamentare del Pd e presidente dell’associazione 2 agosto 1980 – deve stare attento perché da ieri è passata la legge che ha istituito il reato di depistaggio e potrebbe essere chiamato a rispondere, dalla magistratura, di tutte le sue stupidaggini su Bologna”.
Lo accompagna Riccardo Lenzi, sul Fatto Quotidiano, che scrive: “… E’ bene pertanto ricordare a tutti, come ha giustamente fatto Paolo Bolognesi (che per questo sì è, meritoriamente, battuto più di chiunque altro), che da qualche giorno esiste il reato di depistaggio: la magistratura ora ha l’obbligo di perseguire i diffusori di menzogne … La sanzione minima, per quelli come Priore, sarebbe non essere mai più accolti a Bologna. E non comprare i loro libri”
I fatti scatenanti il polverone sono quelli relativi alla strage di Bologna per la quale sono stati condannati i neofascisti Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. I dubbi, circa la sentenza, risiedono in molti ed uno di questi è Rosario Priore. Egli è assolutamente convinto che la strage di Bologna sia legata a doppio filo con quella di Ustica di poche decine di giorni prima, in cui un aereo dc9 ITAVIA, guarda il caso decollato da Bologna, venne abbattuto (da un missile, come si è detto, o da una bomba nel bagno?); una strage di avvertimento a cui seguirà quella alla stazione di Bologna. Il quadro è quello del Lodo Moro, del terrorismo palestinese, di Gheddafi, delle azioni contro Arafat, e della pista che nasce, principalmente, dalla presenza a Bologna, durante la strage, del terrorista dinamitardo Thomas Kram, affiliato al gruppo Carlos.
Il Lodo Moro era un accordo tra i terroristi palestinesi e il governo italiano. Quest’ultimo, in cambio del non vedere realizzare stragi in Italia e di trattamenti di favore da parte di Paesi produttori di petrolio, si impegnava a concedere libertà di movimento sul suolo nazionale per i traffici di armi che avvenivano con la collaborazione delle brigate rosse; inoltre l’accordo prevedeva la liberazione dei terroristi catturati in flagranza. Ma il Lodo Moro venne tradito! Fu quando avvennero il sequestro dei missili di Ortona, nel novembre del 1979, e l’arresto del responsabile del Fronte popolare di liberazione della Palestina in Italia: Abu Anzeh Saleh. La strage di Bologna avvenne come ritorsione per la rottura di questo accordo?
Certo, proprio Saleh, come riportato su un articolo de “Il Tempo” dal giornalista Gabriele Paradisi, esperto di questa vicenda e autore di libri sul tema, dichiarerà: “Io posso dire che c’era effettivamente un accordo ed era tra l’Italia e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Fu raggiunto tramite il Sismi, di cui il colonnello Stefano Giovannone, a Beirut, era il garante. Non era un accordo scritto, ma un’intesa sulla parola. Lui ci aveva dato la sua parola d’onore e noi gli abbiamo assicurato che non avremmo compiuto nessuna azione militare in Italia. In cambio Giovannone ci riconobbe la possibilità di trasportare materiale militare attraverso l’Italia”.
Quello che è importante sottolineare è il dettaglio, non da poco, che a Bologna, durante la strage, fosse presente il terrorista tedesco Thomas Kram, affiliato al gruppo Carlos ed esperto di esplosivi. Egli pernottò all’hotel centrale di Bologna la notte tra l’uno e il due agosto del 1980. Cosa ci faceva a Bologna, durante la strage, un terrorista esperto di esplosivi facente parte, secondo molte fonti tra cui la Stasi, di un gruppo terroristico reclutato, affermò Bassam Abu Sharif, dal Fplp? Ebbene, dopo una lunga latitanza questo ha sempre risposto che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Una coincidenza, quindi, difficile da credere. Perché quel viaggio anomalo in giro per l’Italia non è mai stato giustificato a dovere. L’archiviazione da parte dei magistrati di Bologna, avvenuta nel 2014, della pista palestinese, infatti, non avvenne in quanto questa fosse inconsistente ma per mancanza di evidenze maggiori rese quasi impossibili dal passar di 33 anni. Come disse il Procuratore Capo Alfonso, è passato troppo tempo per trovare “pistole fumanti”; prove schiaccianti. Perché, nonostante le immediate informative sulla pista che conduceva alla ritorsione palestinese, i magistrati del tempo non batterono questa strada indirizzandosi unicamente sulla matrice fascista e facendo così passare decenni?
Ciò che, oggi, può ancora di più farci pensare che questa pista sia molto vicina alla verità è quella relativa all’archiviazione della querela del terrorista Kram contro il giudice Rosario Priore; querela avvenuta in seguito alle dichiarazioni di quest’ultimo che aveva definito il terrorista, appunto, come un affiliato al gruppo di Carlos. La pista palestinese è basata su una “seria e attendibile piattaforma storiografica”, queste le parole del gip di Roma Pierluigi Balestrieri. Si conferma quindi a Roma quello che a Bologna è stato considerato privo di schiaccianti evidenze. Ma è importante sottolineare che a Bologna, questa tesi, venne argomentata sulla base della inesistenza del Lodo Moro che, però, risulta sempre più reale da nuovi documenti dei nostri servizi segreti che sono a disposizione della nuova Commissione Moro. In uno di questi, analizzato in commissione nel mese di giugno e datato 1978, vi è testimonianza dell’accordo tra palestinesi e governo italiano. Sulla maggior parte dei documenti relativi a questa vicenda, ed anche gli ultimi della nuova commissione Moro, è stato posto nuovamente il segreto di Stato. Perché? Cosa non si deve sapere di quegli anni? Nessuno può mettere in dubbio la buona fede e l’operato dei magistrati che hanno deciso di archiviare in base agli elementi disponibili; ma se Priore, oggi, afferma di basarsi su documenti inediti, perchè non ascoltarlo e vagliare le sue tesi?
Come ho già scritto il terrorista Kram ha dichiarato ai magistrati che il giorno della strage si trovava a Bologna casualmente. Un normale viaggio privato che non nasconde nulla di particolare. Il già citato Paradisi, però, nel suo libro “Dossier strage di Bologna”, afferma che il rapporto della polizia di frontiera di Chiasso sull’ingresso di Kram in Italia del primo agosto 1980 è stato manipolato in 29 punti nel documento conclusivo di centrosinistra della Commissione Mitrokhin. Vero? Falso? Certo se ciò fosse vero vi sarebbe prova della una volontà di confondere la acque sul viaggio di Kram.
Non è certo possibile, in un articolo, elencare tutte le opinioni e i fatti circa i procedimenti che hanno portato alle condanne dei neofascisti; tantomeno quelli relativi alla tesi di Priore e di altri. Chi vorrà approfondire avrà possibilità di farlo.
E’ certo importantissimo, però, soffermarsi sui violenti attacchi che Priore ha subito. Perché se è dovere di tutti rispettare le opinioni di chi lo ha preso di mira e ascoltarle, se argomentate, lo è ancor di più quello di denunciare come inaccettabili i toni di avvertimento usati, le accuse di essere un depistatore e l’invito alla magistratura di occuparsi della vicenda. Siamo chiaramente al di fuori del confronto e della confutazione delle altrui tesi. E c’è l’invito, sbandierato, a non leggere il libro.
Ecco io penso che i libri istericamente portati al rogo siano sempre libri da leggere. Le aggressioni subite da Priore, infatti, sono avvenute prima dell’uscita in libreria; senza che gli autori degli attacchi lo abbiano letto. Eppure Priore ha dichiarato di essersi basato solo su prove documentali che, fino ad oggi, erano state ignorate. Perché non visionarle? L’odore è quello di scontri che hanno matrice nelle appartenenze politico-ideologiche e certo, se così fosse, non ci si stupirebbe di quanto sta avvenendo.
Se il libro di Priore fosse stato letto e contrastato con confutazioni delle sue tesi, nessuno avrebbe avuto da ridire. Certo le aggressioni e l’invito a non leggerlo, però, fanno pensare che tra quelle pagine ci sia scritto qualcosa che è stato tenuto nascosto e non deve essere divulgato. Lo stimolo è quello opposto: di correre in libreria. Se non altro per una questione di principio. E di libertà!