Il partito dei manettari con la bava alla bocca quasi non ci credeva quando è arrivata la notizia che Primo Greganti e Gianstefano Frigerio erano coinvolti in una indagine sull’EXPO: gestivano, è questa l’accusa, un sistema dedito alla corruzione che ruotava intorno ai grandi appalti in corso. Il primo a garantire sinistra, il secondo la destra; se vogliamo dirla in modo riduttivo e banale come molti stanno facendo, appunto, in questo momento, facendo parallelismi con tangentopoli.
Loro, ancora loro, venti, lunghissimi, anni dopo. Il compagno Greganti era l’uomo di fiducia del Partito Comunista di cui gestiva i finanziamenti illeciti e passò alla storia per aver dichiarato, chiudendosi a riccio, che i soldi li aveva presi per sé e non per il partito. Frigerio, uomo della Democrazia Cristiana con “incarichi” simili al primo, fu colui che aprì la strada ai magistrati verso Raul Gardini e non solo. Pezzi di storia che sembravano persi in un passato dimenticato e che ritornano prepotentemente sulla scena, quasi a significare un’Italia gattopardesca dove tutto cambia affinchè nulla cambi.
Subito è partito il circo mediatico giudiziario, su cui la nostra Repubblica è ormai fondata, a fare paragoni, a mio avviso eccessivi e sbagliati, tra questi avvenimenti e quelli di tangentopoli. Anche Antonio Di Pietro, finito in un angolo per l’inchiesta di Report sul suo conto e la successiva frana elettorale, si è fatto subito intervistare. Chi, meglio di lui, può conoscere i fatti su cui è crollata la prima Repubblica? Si sa, c’è ormai in Italia una folta parte dell’informazione che opera in modo prospero cavalcando l’operato della magistratura; sia quando questo è rispettabile ovvero quando eccesivo e degno di critiche: non importa. Tutti lì, da anni, ad aspettare l’avviso di garanzia, l’intercettazione con pezzi di vita privata (se ci sono di mezzo donne ancora meglio), l’inchiesta e, per godere e speculare al massimo sulla vita di persone (che poi, dopo tanti anni, spesso vengono assolte), il top della goduria, la barbarie medioevale: l’arresto “preventivo” di un soggetto (meglio se un parlamentare) accusato di essere, forse (forse…), il responsabile di un determinato reato che andrà accertato, con tutta calma e senza fretta (senza fretta…), negli anni successivi.
Non credo sia il caso delle due vecchie conoscenze di tangentopoli, dato il loro curriculum, anche se non ho elementi per poter dire quale sia la verità; ho però voluto sottolineare, partendo dai fatti di cronaca di questi giorni, anche per l’arresto mediatico e in pompa magna di Scajola, un modus operandi ormai consolidato tra gli addetti dell’informazione. Penne anche importanti sembrano palesare una capacità lavorativa legata solo a questo circo, di cui loro sono attori. In assenza di tutto questo sarebbero capaci di scrivere pezzi interessanti, leggibili, pacati e con lo scopo di descrivere fatti e vicende senza operare verso la strumentalizzazione del lettore medio che è stato educato allo scandalo, all’odio verso la casta, alla compilazione delle liste di proscrizione?
Cosa voglio dire: in una visione appunto più pacata e reale degli eventi, che non abbia come scopo il titolone sulla nuova tangentopoli, credo che paragonare i fatti di questi giorni agli eventi del tempo in cui in Italia lo sport nazionale era la “caccia al Cinghialone” (B.Craxi n.d.r.) sia un esercizio puramente mediatico che ha come scopo, appunto, una descrizione dei fatti ingigantita, fuorviante e poco seria.
Tangentopoli era un sistema enorme, immenso, una ossatura che teneva in piedi l’intero Paese e sulla quale si reggeva l’intero sistema non politico, bensì economico ed imprenditoriale. Un sistema che non operava all’interno di un contesto di legalità interrompendolo, più o meno spesso, con la commissione di reati di corruzione per determinati appalti dove ci si riusciva ad infiltrare per fare i propri loschi affari come può essere oggi. No. A quel tempo probabilmente non esisteva un appalto che non avesse come regola imprescindibile l’essere gestito in quel modo. Il libero mercato e la concorrenza erano annullati da un sistema dove alle gare d’appalto, con offerte prestabilite, quasi sempre partecipavano imprese nel ruolo di comparse. Si aprivano le buste e c’erano i vincitori e vinti. E con vinti che erano vinti per finta, in quanto sarebbero stati vincitori prestabiliti in quell’altro appalto dove invece comandava il proprio partito politico di riferimento. In un consociativismo del malaffare i partiti gestivano i propri territori di potere e se c’era un lavoro che sarebbe andato all’imprenditore sponsorizzato dalla DC, c’era quell’altro appalto che sarebbe andato ad una Coop sotto il controllo ramificato del Partito Comunista. E così per gli altri partiti.
Immagino quali e quante riserve occulte, soprattutto nei grandi lavori infrastrutturali, saranno state accumulate per creare una massa di denaro clandestino sui cui si reggeva tutto. Tangentopoli si concluse in modo mirato, palesando intenzioni politiche. Il pentapartito venne distrutto e i politici di punta del PCI vennero tutti salvati dalle inchieste, riciclandosi e lanciandosi nel futuro, cambiando nome e simbolo al partitone rosso. In questo, è importante ricordarlo, pochi anni dopo, Di Pietro, magistrato di punta del pool di Milano che non riuscì a condannare nessuno di Botteghe Oscure, divenne Senatore della Repubblica, candidato al blindatissimo collegio del Mugello, iniziando la sua carriera politica… Ma questa è un’altra storia.
Tornando ai fatti di questi giorni, appunto, non credo sia corretto paragonarli a tangentopoli. C’è una cerchia di uomini influenti, di lobbisti, di esperti della corruzione, che da sempre girano intorno ai soldi, ai lavori pubblici. Ma questa volta ci troviamo di fronte ad episodi che si inseriscono in un contesto assolutamente diverso, oserei dire di “normale illegalità”. Niente di più. Vi sono questi uomini che si occupano di creare contatti e riferimenti con quel politico o quel funzionario, con arricchimenti personali e non. Paragonare questa cosa al sistema in cui tutti i partiti erano sovvenzionati in proporzione secondo il consenso elettorale, è chiaramente una forzatura. Il libero mercato, in questo caso, non viene alterato e sostituito da un sistema che lo annulla. Affatto!
Ciò che però, in ultima analisi, ho notato di questa vicenda, è la puntualità elettorale della fuoriuscita delle carte e dello scoccare delle manette. Da molti anni ormai siamo abituati a una magistratura che in alcuni casi sembra operare all’interno di un disegno con avvenimenti e indagini puntuali come un orologio. E con taluni magistrati, divisi in correnti e fazioni, che lottano tra loro per scopi personali e aspettative di carriera. La recente guerra scoppiata dentro la Procura di Milano, con, ad esempio, il magistrato Robledo che ha denunciato al CSM il procuratore capo Bruti Liberati per i modi in cui viene condotto l’Ufficio, e le ultime dichiarazioni di Guido Salvini sulle anomalie nei metodi con i quali verrebbero assegnate le inchieste a questo o a quel magistrato, delineano una situazione sotto gli occhi di tutti da anni. Qualcosa di importante, nella magistratura, non va. E questo non è più confutabile posto anche che la solita frase banale che usavano in molti, e cioè che i problemi riguardavano solo Berlusconi, non è più credibile.
Possiamo però accorgerci, questa ormai è la mia opinione, di come talvolta pezzi della Magistratura sembrino quasi approfittare della giustissime e sacrosante indagini che si susseguono, per inserirle, oltre che in un contesto di giustizia, in un contesto di potenziale destabilizzazione del quadro politico e di deterioramento trasversale della classe dirigente. Numerosi consiglieri regionali di tutte le regioni d’Italia sono stati inquisiti in pompa magna. Quanti avranno commesso reati? Da molto tempo si discute di una riforma della magistratura e credo che questa corporazione abbia chiaro che un potere reso debole e poco credibile, quello politico, difficilmente potrà riformare un potere forte e intoccabile, autoreferenziale e senza organi di controllo esterni, quello della giustizia. Posto anche che l’abolizione, tanti anni fa, delle immunità parlamentare, ha rappresentato un cavallo di Troia con il quale è stato distrutto il principio di separazione dei poteri, alla base di tutte le democrazia occidentali. La sovranità appartiene al popolo. Oggi, in Italia, appartiene al popolo a meno che un giudice non decida il contrario.
Tornando al punto principale, proprio nelle ultime settimane, complice l’impatto mediatico di Renzi e di Berlusconi, i partiti tradizionali stavano risalendo la china delle statistiche elettorali. Il movimento di Grillo, da settimane, era visto come un qualcosa che aveva avuto il suo massimo picco all’esordio e che la gente, progressivamente, abbandonava per ricollocarsi in modo tradizionale, almeno in parte. Poi, d’improvviso, carte, arresti e intercettazioni irrompono sulla scena dando linfa e pane fresco per Grillo e i suoi denti; metafora delle parole calde, delle urla, della strumentalizzazione degli eventi di questi giorni che l’ex comico ha già iniziato a fare.
Se è vero che lo zoccolo duro dell’elettorato non cambia idea è anche vero che in un momento così volubile, con sentimenti antieuropei e di antipolitica, una buona massa di voti potrebbe riprendere la via della Casaleggio Associati. E quanti astensionisti, sull’onda mediatica di queste due settimane, decideranno per protesta di andare a votare per i cinque stelle indebolendo così ancor di più la classe politica? Io credo tanti e sembra quasi che molte persone ci sperino, utilizzando inchieste ad orologeria che esplodono a 2 settimane dal voto, portando acqua al mulino di chi dice che sono tutti ladri. Il che non è vero; ma questo, lo sappiamo, non importa a nessuno! È possibile che sia solo un caso che pochi giorni prima del voto, in campagna elettorale, entri a gamba tesa una inchiesta del genere? Ed è possibile pensare che sia una casualità, trattandosi dell’ennesima volta che succede?
Certo, non ho prove per affermare che si tratti di una volontà strategica e mi occorre l’obbligo di lasciare il beneficio del dubbio. Ma è anche vero che sempre più sta montando una consapevolezza che prescinde dall’avere prove e certezze di una opinione. Perché quando qualcosa, anche senza prova, appare evidente, l’esercizio di confutazione di taluni appare sempre più un esercizio di pure ipocrisia; non certo di libera e autorevole opinione.