Forse vincerà “The Voice”, ma Suor Cristina mai mi convincerà delle sue doti canore. Per carità (divina), non è che sia inascoltabile: canta discretamente, ha buona intonazione e notevole potenza. Ma, siamo sinceri, l’interpretazione è melensa e il timbro banale. Insomma, il quid in più del suo successo planetario è quell’abito da monaca che indossa.
Cinico di natura come ogni essere umano, l’italiano medio ha saltuariamente barlumi di buonismo che gli fanno elargire consensi a dismisura e non del tutto meritati, quasi a volersi purificare dai propri peccati.
Sei di colore? Ebbene, per dimostrare che non è razzista ti fa vincere miss Italia (Danny Mendez, 1986).
Ipovedente? Tranquillo, solidarizza con te decretando il tuo successo a Sanremo (Aleandro Baldi, 1994).
Ti sei fatta monaca per fede e dopo aver tentato invano la strada del successo? Caspita, sarebbe davvero un peccato mortale non votare una Suora, per giunta reduce da numerose delusioni artistiche.
Alt, i suoi fedeli (nel senso di fans) non mi scaglino contro divini strali. Non ci crederete ma io sono dalla sua parte, anzi dico di più: penso che lei sia la vittima, e i carnefici coloro che la votano solo per l’abito che indossa.
Al suo posto maledirei quei consensi, in gran parte dovuti ad un mix tutto italiota di compassione e provincialismo, di chi le dà il voto solo perché lei ha preso i voti e così la umilia con un’elemosina quando invece ha la supponenza di farle un favore.
Già, cara Suor Cristina, fossi in te brandirei in diretta tv quel microfono davanti a tutta Italia e parafrasando la Bertè canterei a squarciagola: “Qui sul palco, non sono una… monaca”.
Avresti meno voti, ma varrebbero di più.
In fede, da uno che non ti ha votato…