di Gianmario Mariniello.
(Vignetta tratta da internet, autore Mauro Biani).
Queste elezioni europee hanno introdotto l’unipolarismo. Quel monopolio tanto caro agli italiani è una realtà ormai anche in politica. Merito di Renzi, che deve dire grazie ai demeriti di Grillo e di Berlusconi.
Il PD sfonda quota 40% (come Renzi aveva predetto un anno e mezzo fa) perché il premier piace a tanti, perché il PD è l’unico partito vero rimasto in circolazione, perché i grillini alla fine han fatto paura al ceto medio – corteggiato invece da Renzi con i suoi 80 euro al mese – e perché tanti elettori di centrodestra alla fine hanno detto addio a Silvio e ai suoi fratelli. E si son turati il naso e hanno votato PD.
Gli osservatori politici – giornalisti e sondaggisti – non avevano capito nulla, come al solito. Chiusi in quei pochi km quadrati del centro della Capitale, credevano in un boom di Grillo, in una tenuta di Berlusconi e in dato appena decente di Renzi. Il vero flop è il loro. A dimostrazione che chi racconta la politica non è meglio della politica stessa.
Il PD ha fatto tutte scelte giuste: facce nuove in prima linea, per nascondere la vecchia guardia ex PCI pluriperdente (che ancora c’è, sia chiaro, ma è sapientemente nascosta). Da loro è giunto un messaggio moderato e rassicurante, mentre Grillo e Berlusconi facevano la gara a chi la sparava più grossa. Liste forti, da Nord (soprattutto) a Sud (un po’ meno).
E poi un Renzi show h24 su tutti i media possibili e immaginabili. Come faceva una volta Berlusconi. I cui elettori in parte sono stati sedotti da Renzi. Che per la prima volta si è rivolto a tutti, senza quell’atteggiamento di superiorità tipico di tutti i leader della sinistra da decenni a questa parte. Insomma, Renzi ha reso il PD votabile anche da chi non è di sinistra.
Grillo ha invece perso tanti voti e un’occasione storica. Ha fatto una campagna elettorale entusiasmante, ma le piazze piene non hanno portato il boom nelle urne. Tanti uno, ma pochi portatori di voti. Troppi smanettoni sui social ma poco impegnati tra la gente vera. Zero struttura. Uno vale uno, almeno da un punto di vista elettorale. Non a caso alle amministrative il M5S supera a fatica la doppia cifra. C’è da dire, però, che i candidati alle europee hanno preso tante preferenze. Sempre poche rispetto ai candidati dei partiti tradizionali, ma certo di più rispetto al passato.
Grillo ha sballato. Ha esagerato con i toni, con gli insulti e con gli sberleffi. Ha galvanizzato il suo zoccolo duro ma ha spaventato tutti gli altri. A dimostrazione che bisogna parlare a tutti, non solo ai propri tifosi, se si vuole vincere. Ammesso che Grillo voglia vincere. A volte mi sembra che il suo sia solo un gioco. Una gigantesca presa in giro.
Il centrodestra è defunto. Ai minimi alle amministrative, dove ha perso ovunque, ha visto FI ottenere il suo risultato peggiore, il Nuovo centrodestra (con l’UDC) raggiungere il risultato minimo e la nuova Alleanza Nazionale non superare lo sbarramento.
È andata bene solo la Lega Nord, con il suo messaggio chiaro e credibile (a differenza degli altri) anti euro. Non si vedono segnali di speranza. A sentire i protagonisti di tale debacle, la Lega ha trionfato, FI non poteva fare di più, NCD ha superato il 4% e FDI è in crescita. Insomma, va tutto bene. Contenti loro…
Nel centrodestra non c’è all’orizzonte un movimento di Il loro unico obiettivo è resistere. Una battaglia di mera sopravvivenza personale. Ma la realtà è dura e cruda:rinnovamento, un’aspirazione al cambiamento, né facce nuove e credibili. Il berlusconismo e i berlusconiani hanno monopolizzato tutto e stanno lasciando in eredità il nulla. Il loro unico obiettivo è resistere. Una battaglia di mera sopravvivenza personale. Ma la realtà è dura e cruda: la destra ora non ha dei valori chiari, non un’identità, tanto meno una credibilità. Non ha creato un blocco sociale di riferimento (ad esempio, le partite IVA del centro nord hanno votato M5S alle politiche e Renzi alle europee) né una cultura politica capace di resistere agli uomini del momento. Insomma, un disastro.
Il presente e il futuro quindi sembrano avere un nome e un cognome: Matteo Renzi. Il suo PD sembra (ma non è) la DC, ossia un partito centrale con una guida e una cultura di centrosinistra ai vertici. Non è la Dc perché il renzismo si basa sul leaderismo (che alla DC era preclusa per motivi storici) e su una comunicazione perfetta, studiata, pianificata. Insomma, gli elementi della politica moderna.
Adesso bisogna solo aspettare la ciccia. I fatti, le cose concrete. Dettagli…