Quella che sto per raccontare è una piccola storiella che, devo ammettere, non mi stupisce. C’è chi è rimasto allibito, chi indignato, chi incredulo. Io, semplicemente, non ho fatto una piega. E non l’ho fatta perché su certe faccende ho ormai molta consapevolezza.
I fatti: a Siracusa si è tenuto un convegno di psicologi del Cipa e, negli stessi luoghi, doveva avvenire la presentazione di un libro di Marcello Veneziani. Fine intellettuale della destra italiana proveniente dalla tradizione del Movimento Sociale Italiano, Veneziani si è sempre distinto per le sue posizioni non sterili, essendo egli una persona di notevole spessore che, per dirla facile facile, non ha mai passato un solo minuto della sua vita a fare – come spesso si vede – stupida e inutile apologia del fascismo. Di questo ne posso dare testimonianza diretta perché quando, un anno fa, lo intervistai, passammo un pomeriggio insieme ad un incontro in cui fumo d’accordo sul valore intellettuale del racconto storico frutto di pensiero critico, ma fuori dagli schemi nostalgici che non hanno nessuna logica e valore; specie in seno ad un progetto politico attuale. Sono, erano, infondo, le linee guida che dettò Giorgio Almirante: “non rinnegare, non restaurare”.
Ebbene Veneziani, intellettuale libero e messo ai margini per le sue critiche a Berlusconi, impegnato da sempre sul fronte di un dibattito costruttivo, inclusivo e intellettualmente valido con linguaggio moderno, è stato trattato come fosse un fascista con la camicia nera che chiama alle armi per marciare su Roma.
Gli psicologi, infatti, hanno fatto sapere che pretendevano che Veneziani non presentasse il suo libro perché è fascista. Vicenda narrata sul Il Tempo ne ha parlato, in un video divertentissimo su Facebook, anche Nicola Porro che ha fatto sorridere tutti dicendo che gente con questo cervello non può essere in grado di aiutare il cervello di altre persone curandole. Viene da ridere, per non piangere; e certo non c’è da essere molto contrari a queste parole.
La storia dell’idiota antifascismo militante – ben diverso dall’antifascismo intellettualmente valido, denso di credo politico e grande visione culturale – è una storia che ciclicamente accompagna le nostre giornate. Siamo prigionieri di questo fenomeno patetico oltre il normale che, purtroppo, vede anche nascere violenze e intolleranze.
Vi sono stati gli anni di Giampaolo Pansa, giornalista di sinistra che quando decisa di raccontare la verità sulla resistenza e i partigiani, venne isolato, allontanato dal quotidiano La Repubblica, e costretto a presentare i suoi libri con i carabinieri a presidio. Indimenticabile quando, deciso di mettere su schermo il suo “Il sangue dei vinti”, Beppe Fiorello ricevette minacce e telefonate anonime per non accettare la parte che, a testa alta e spalle larghe, venne ricoperta da Michele Placido che disse di non aver paura.
C’è la storia di Simone Cristicchi, artista di sinistra, che deciso di mettere in scena uno spettacolo sulle foibe e la pulizia etnica degli italiani da parte dei comunisti titini, venne aspramente criticato e i suoi spettacoli interrotti da irruzioni nei teatri; oltre che subire l’obbligo di modificare lo spettacolo eliminando una parte che parlava dell’intoccabile Pertini. Spettacolo stupendo e di un successo straordinario in tutta Italia, che la Rai decise di non mandare in onda e, dopo pressioni, mandò a notte fonda in modo tale che non lo vedesse nessuno.
Le storie che potrei raccontarvi sono tante ma sempre legate da due caratteristiche: l’idiozia e l’ignoranza che si manifestano sempre, come nel caso di questi psicologi che, certamente, di Veneziani non avranno mai letto un libro o un articolo.
Lo penso, lo credo, l’ho detto e lo diró sempre. L’antifascismo militante, contemporaneo e fuori dal tempo, è un surrogato di identità per persone povere di identità. Una manifestazione di ignoranza prima che di stupidità; e, quindi, di conseguenza, di violenza, odio e intolleranza.
L’antifascismo militante è il contrario della libertà che professa. È l’inganno con cui la pochezza intellettuale e la piccolezza umana vengono spacciate per emancipazione e superiorità morale e intellettuale.