Poche, troppo poche, pochissime ore; talmente poche da sembrar una azione volontaria e dimostrativa. Poche, troppo poche, sono le ore passate tra la sospensione del programma Virus, di Nicola Porro, e la rimozione del Direttore di Libero Maurizio Belpietro. Cosa sta succedendo in Italia?
Quando, diverse settimane fa, venne annunciato che il nuovo direttore de La Repubblica sarebbe stato Mario Calabresi, tra me e i pochi amici con cui ho abitudine di discutere privatamente le opinioni non diversero di molto. Da parte di tutti, di qualsiasi estrazione politica e di qualsivoglia pensiero, l’idea era una: “topolino”, certamente, aveva reso un pessimo servizio all’Italia trascinandola in una guerra civile, ma è anche vero che la sua direzione del quotidiano La Repubblica era stata un cane da guardia che abbaiava spesso e volentieri. Certo il giornale era ormai un partito ma, dovendo spostare l’attenzione sulla situazione attuale del giornalismo in Italia, non potei lasciarmi andare ad antipatie personali legate ai miei giudizi pesantissimi su operazioni giornalistiche di varia natura; ad esempio sulla Commissione Mitrokhin o su Berlusconi e la sua vita privata. Le cose andavano e vanno distinte e le mie ragioni di allora possono collimare con la preoccupazione nata dalla sostituzione di Ezio Mauro.
Chi era, chi è, invece, Mario Calabresi? E’ una persona per bene, figlio del più famoso commissario della storia d’Italia; un bravissimo giornalista che, però, non ha lo stile del cane da guardia bensì del paciere. Fu Silvio Berlusconi a volerlo alla Stampa, nel 2008, per avere una persona gradita alla guida di un giornale di sinistra. Oggi, ne sono certo, la sua nomina romana è stata figlia della necessità di assecondare una nuova stagione, quella del Nazareno, nata dall’omicidio politico di Enrico Letta sull’altare di un accordo trasversale basato sull’appoggio di Silvio Berlusconi allo spregiudicato ragazzo di Firenze. In cambio di cosa?
E’ una stagione politica, questa del Nazareno, che aveva e ha bisogno di pacieri, non di cani da guardia. Una stagione politica che è successiva a quella di “topolino”, di Ezio Mauro, degli scontri titanici con Feltri, dei fiumi di inchiostro versati circa i tanti scheletri negli armadi; spesso armadi del KGB… Una nuova stagione, quindi, una apparente pacificazione nazionale basata non sul rispetto delle fazioni di potere avverse bensì sulla messa al bando di tutti coloro che non accettano il nuovo corso. Quello dei poteri che si accordano, non litigano più, e convergono sul pericolosissimo giovanotto di Firenze che garantisce tutti. La prossima stagione sarà un nuovo correntismo sulle orme di quello democratico cristiano? Certo! La storia è fatta di cicli che si ripetono. La nuova balena bianca nata alla stazione Leopolda vedrà lotte intestine che ne decreteranno, un giorno, la fine; vedrete.
Non ricordo quando esattamente, ma ricordo come ieri le parole di Marcello Pera che, un paio di anni fa, comparvero proprio sulla prima pagina di Libero. Nella sua lettera indirizzata a Marina Berlusconi, ovviamente non censurata dall’ottimo Belpietro, l’ex Presidente della Camera denunciava una regia, insieme a Confalonieri, per garantire posizioni assecondando accordi politici. Nulla di vietato o di non comprensibile; ma con straordinaria lucidità Pera argomentava circa la possibilità che, mese dopo mese, anno dopo anno, accordo dopo accordo, vi fosse il rischio che, senza neanche accorgersene, si potesse materializzare un giorno una stagione, parlamentare e non, priva di quella cosa fondamentale per la democrazia: l’opposizione. Quello che sta accadendo, ormai, è sotto gli occhi di tutti. E le parole di Marcello Pera erano profetiche e andrebbero rilette; soprattutto ora che siamo circondati dal silenzio di finti comici e cantanti che, però, quando la democrazia aveva ottima salute e al governo c’era la destra, organizzavano girotondi e comizi a San Remo molto remunerativi: storia.
Perché Belpietro? Dopo la scomparsa dell’opposizione parlamentare, oggi stiamo vivendo una spaventosa azione di repressione verso le dissidenze al pensiero del Nazareno e a quell’accordo che ha portato all’appoggio di Alfano e Verdini alle cause Renziane: l’addomesticamento de La Repubblica con Calabresi, la rimozione di Ferruccio De Bortoli dalla direzione Corriere per aver criticato Renzi e oggi quella di Belpietro, tassello ultimo e fondamentale; e vi spiego perché: Maurizio Belpietro era l’ultimo direttore di un importante giornale italiano che avrebbe condotto una campagna giornalistica serrata contro la riforma costituzionale su cui i cittadini saranno chiamati ad esprimersi. La riforma che, se andrà in porto, farà sprofondare davvero l’Italia in una dittatura. Così lui scrive nel suo ultimo editoriale: “Renzi si è fatto una Costituzione su misura, dopo essersi fatto una legge elettorale su misura, con la quale deciderà lui, capo del governo e capo del Pd, chi far sedere a Montecitorio. L’ uomo è pericoloso per come gestisce il potere, per come lo occupa e per come lo usa contro gli avversari. Con in mano una Costituzione che gli assegna pieni poteri lo sarà ancora di più … Il presidente del Consiglio sta solo apparecchiando una dittatura democratica, dove le forme della Repubblica sono rispettate, ma a Palazzo Chigi governa un monarca. La dissidenza non è contemplata e neppure la critica”.
Ecco, quindi, come stanno le cose. Ed il tributo che io rendo a Belpietro per il coraggio di non essersi piegato ad addolcirsi parte da lontano e dalla mia stima verso il comportamento dell’uomo che, comunque la si pensi giornalisticamente, è stato un campione di libertà se paragonato a certi nomi importanti indifendibili ma non avversati dal blaterare dei conformisti dell’antiberlusconismo. Sua grave colpa non esserlo mai stato, antiberlusconiano; e, per questo, insultato, deriso, considerato poco più che un cagnolino dagli stolti asserviti al conformismo di sinistra, spesso mai andati in edicola a comprare un giornale o aventi cognizione di causa sul giornalismo italiano e i suoi protagonisti. Gente che deride chi non compra il giornale giusto e prescritto per esser considerati colti.
Ci dispiacemmo tutti, quasi disperammo, quando Feltri lasciò la direzione per andare a Il Giornale a combattere la battaglia contro Mauro. Eppure Belpietro ha reso Libero, contro tutte le aspettative, un giornale migliore con un meritato successo. Chi legge i giornali, invece di chi blatera e non legge, sa che egli è stato attento a realizzare una quadra perfetta e unica fatta di linea editoriale berlusconiana e dissidenza interna di ottimo livello. Ha fatto scrivere Paolo Nori alla cultura, che verrà processato, in diretta su Radio Rai, per essersi permesso, lui di sinistra, di scrivere per Libero (non è uno scherzo, c’erano i giornalisti che facevano da accusa e difesa: il tutto si è tenuto alla libreria Giufà del quartiere San Lorenzo a Roma. Mancava solo la scritta sul muro “in nome del popolo italiano“. Il titolo dell’incontro/dibattito fu, ve lo giuro: “si può collaborare a Libero?”). Ha chiamato Giampaolo Pansa che, col suo bestiario, non le ha mandate a dire realizzando incredibili spalle contro Berlusconi, definito “morto che cammina” in un titolo di una prima pagina passata alla storia, che di contro vedeva in apertura e in editoriale linee procavaliere. Una cosa da non credere, mai vista! Io non ho mai visto in nessun quotidiano italiano una spalla avversa all’editoriale scritto dal direttore: solo Belpietro ha fatto ciò e meriterebbe ben altre considerazioni! Aveva ragione Giampiero Mughini quando, proprio su Libero, scrisse che il giornale condotto da Belpietro era assolutamente più bello di quello di Feltri.
Mi hanno sempre preso in giro, gli asserviti alle posizioni dominanti, gli ignoranti che non leggono ma parlano, per la mia quasi fede verso la lettura di Libero. Eppure lo leggevo perché sapevo, nonostante i limiti che ogni quotidiano ha circa la libertà, chi era Belpietro e quale livello di rispetto e ascolto per le posizioni di tutti ha sempre avuto. Non solo di penne importanti. Spesso, con umiltà, Belpietro si è messo all’ascolto di tutti e della gente comune, confrontandosi. Ed io ne posso dare testimonianza personalmente.
Quando scoppiò il caso Ruby decisi di scrivere a Libero. Tempi lontani durante i quali Berlusconi, alla Presidenza del Consiglio, era certamente protetto dalla linea editoriale di Belpietro che non aveva ancora dovuto battagliare sul pacco (si, pacco) del Nazareno e sull’Italiacum. Nella mia lettera criticai pesantemente Berlusconi, reo di aver fatto finire sul muro il centrodestra a causa dei suoi comportamenti folli. “Mi sento un idiota a difenderlo”, scrissi. Ebbene Maurizio Belpietro rispose alla mia pesante lettera contro Bersluconi non prima, però, di averla pubblicata come editoriale di giornata, colonna a sinistra. Si, avete capito bene. E tutto il salotto a pagina tre fu preso unicamente dal mio scritto. Una cosa da non credere. La cosa mi lasciò di stucco. Venni letto anche in radio, al mattino, da Corradino Mineo e nacque da lì, in quel momento, la pressione di una mia cara amica giornalista per convincermi che questo era ciò che io dovevo fare; che ero tagliato. E credetti in me stesso. La mia storia circa il giornalismo parte sicuramente da quell’episodio; come parte da quell’episodio la mia ostinazione circa lo scrivere subito di cose importanti invece che fare la gavetta da scribacchino. Certamente scrissi un qualcosa di ben argomentato e il direttore aveva compreso l’importanza del dare ascolto agli elettori delusi. Ma oltre alla pubblicazione nella sezione delle lettere, in ultima pagina, nulla per me poteva avvenire. Chi, quale direttore in Italia, avrebbe mai pubblicato la lettera di un ragazzino avversa alla propria linea editoriale, come editoriale di giornata? Nessuno!!! Solo Maurizio Belpietro ha fatto tanto e la storia che vi ho raccontato, la mia storia, racconta le qualità morali di un uomo che non andrebbe giudicato nel merito delle opinioni e idee politiche ma su altri punti fondamentali della sua persona.
Per tutto quello che vi ho raccontato, leggevo Libero; era, per me, una casa. Leggevo Libero perché stimavo Belpietro. Perché conoscevo l’uomo, anche se attraverso un giornale. Ed oggi che non si è piegato ho la conferma di non essermi mai sbagliato. E’ coerente, è disposto a lottare e rischiare per le proprie idee; non scende a compromessi. Senza di lui a Libero gli italiani saranno privi di sirene antigovernative. Spero che i cittadini, anche se privi di Benigni che ce la canta a ce la suona, di Saviano che pontifica da Fazio, della CGIL che organizza piazze e dei finti studenti incappucciati e sovvenzionati che organizzavano guerriglie paramilitari per ogni tentativo di riforma e che oggi sono miracolosamente scomparsi nel nulla, abbiano la capacità di non distrarsi, capire quanto sta accadendo e, al referendum, fermare la riforma della costituzione. Se così non sarà essa sarà il comburente dell’Italicum e vedremo l’incendio di un potere assoluto nelle mani di persone non elette da nessuno e che si nomineranno tra loro.