Un Paese sostanzialmente e oggettivamente finito e da abbandonare. Sempre che, decidendo di restare, non si preferisca la cura del proprio “particulare” come diceva il Guicciardini, inteso però come totale disinteresse alla partecipazione circa la vita pubblica del Paese, come ad esempio la ridicola pratica di farci votare per finta, in questa ormai indecente recita dove “essi”, tutti, hanno la presunzione di farci ancora credere che le logiche siano democratiche e la sovranità ci appartenga, come è scritto nella costituzione più bella del mondo, a detta di Beningi e altri personaggi. La stessa che, calpestata, non viene difesa dai suddetti personaggi misteriosamente scomparsi nel momento in cui il loro contributo non serviva più per fare campagne elettorali.
Finito, è, questo Paese. Non c’è più. Non ci sono le persone, ridotte a schiavi inermi, nuovi servi della gleba senza pensiero critico e dignità; tutti con lo stesso giubotto e lo stesso comodino; poste sotto ricatto a piegarsi ai voleri dei reali che nessuno ha voluto, eletto. Non ci sono le vie delle città coi negozi, tutti quasi falliti; le piccole imprese, il made in italy, i calli nelle mani dei nonni ad aprir bottega, creare imprese, famiglie e sogni. Non c’è più nulla se non una classe dirigente apolide che serve interessi non certo palesi, cristallini, dato che sui giornali non molto si parla di Davos, di nuovi paradigmi e agende politiche sovranazionali. Ci sono loro, le mummie, “i nonni al servizio del Paese”, che – chi può negarlo? – hanno ben presto dato prova di avere un Paese al loro servizio, cosa assai diversa: stuprato, umiliato, per di più con la indegna manifestazione dei giullari di corte che per mantenere la loro posizione fanno oscene recite di subalternità e ossequio. Ma sulla base di che se non della innata voglia di essere dei poveri leccaculo?
E’ finito questo Paese, e la sua fine è certificata dalla inaccettabile rielezione di Mattarella. La cosa ha una valenza negativa devastante; rappresenta una deriva infinita di mancanza di rispetto delle istituzioni repubblicane. Siamo davanti a persone che non hanno lo scrupolo di mostrare nitidamente che se scade il mandato loro lasciano l’incarico; ma a condizione che al loro posto ci sia la garanzia di eleggere un loro perfetto sostituto che non si sogni di portare avanti politiche diverse, intenzioni diverse, oltre la difesa di quelle agende indicibili. Ed ecco che, quindi, siamo davanti a questo quadro. Il mio sostituto esegue gli ordini? Bene, lascio. Non lo farà? Non importa che la Costituzione preveda 7 anni per la mia carica, la cosa viene non tenuta in considerazione. Senza che Benigni dica nulla, ovviamente.
C’è, però, un dettaglio da spiegare a chi pensa che il tutto sia innocente e non grave. Cosa che può pensare solo chi non ha alcuna cultura delle istituzioni. E cioè che i padri costituenti non scrissero a caso la durata dei mandati delle varie cariche istituzionali. Questi mandati, infatti, hanno una durata sfalzata per generare degli automatismi di controllo democratico e di alternanza, permettedo di correggere storture, derive e prese di potere, accentramenti oligarchici su persone o nuclei di persone che rispondono ad esse e non al popolo. Ad esempio, se un Presidente della Repubblica viene eletto con una data maggioranza, se questa due anni dopo viene punita dagli elettori per malgoverno, il Presidente successivo potrà rispondere ad altre logiche e istanze. Proprio grazie alle lezioni sfalzate. Qui, invece, se voti a destra o voti a sinistra, se un mandato scade o meno, nulla importa. C’è da portare a termine quanto ordinato dal World Economic Forum? Bene, se necessario questa gente annullerebbe per anni qualsiasi ricambio. La carica dura 7 anni? Ma chi se ne frega. Non vale più. Vale solo se a loro fa comodo, sennò non importa. Mica ci sarà qualcuno che darà a Benigni cinquecentomila euro per andare a urlare contro questa vergogna dal palco dell’Ariston.
Capite bene, cari lettori, che in tutta franchezza cercare casa alle Canarie stia diventando di primaria importanza. E non per quello che stiamo vedendo, ma perchè i lorsignori hanno dimostrato che possono tutto. Qualsiasi cosa. Da un anno, il venerato Presidente che ha ricevuto 92 minuti di applausi alla Scala di quella piccina e subalterna borghesia milanese, ha concesso che il governo di sua maestà Marione da Goldman Sachs, abbia normalizzato come azione politica il metodo mafioso, la coercizione, la minaccia, l’estorsione. Lasciamo perdere gli adulti minacciati e senza stipendio. Ad oggi, è bene ricordarlo, un bambino di 12 anni non può farsi tagliare i capelli dal barbiere o entrare in una palestra se non si sottopone a un trattamento sanitario che vede la sperimentazione terminare nel 2024 e che ha già mostrato gravi e non rari effetti collaterali anche mortali. Tutto questo, ovviamente, col benestare del suddetto venerato e osannato.
Certo, le parole più dure le meriterebbero i tanti cittadini senza dignità che ci circondano e che abbiamo imparato a riconoscere in questi ultimi mesi. Tutto è possibile grazie ad essi. Ma quello che più non riesco a tollerare è la presa in giro, l’ipocrisia, la falsità con cui questi signori vivono. Solo pochi giorni fa dichiarazioni con cui non si è disponibili in quanto sarebbe grave rendere l’eccezione concessa a Napolitano nuova regola, stuprando le istituzioni. E dopo pochi giorni vediamo fare il contrario di quanto dichiarato. Con il chiaro scopo di far proseguire l’opera di Draghi che sarebbe stata in pericolo cambiando governo o cambiando il Colle. E fino a quando, pattuito il momento giusto, si dimetterà per lasciargli il posto. E’ roba loro. L’Italia appartiene a loro. La sovranità appartiene a loro.
Mi piace riportare il pensiero impeccabile del giornalista Adriano Biondi commparso su Fanpage: “Andrebbe poi considerato l’orizzonte di una scelta di questo tipo: il bis di Mattarella dovrebbe essere “a tempo determinato”, certo, ma fino a quando? La risposta più scontata verte sul completamento della legislatura, per dare il tempo a Draghi di completare il suo lavoro a Palazzo Chigi e rendersi disponibile per il Quirinale. Un’eccezione ad personam, che si configurerebbe come una vera eresia per l’assetto istituzionale italiano“.
La cosa è di una gravità inaudita. Si ignorano le scadenze dei mandati per decidere a tavolino e in anticipo anche di anni chi sono le persone da eleggere. E’ inaccettabile.
Negli anni 70 votarono il 95 per cento degli aventi diritto. Alle ultime amministrative a fatica si è superato il 50. Le prossime elezioni politiche segneranno la fine definitiva della storia della Repubblica italiana, dove si osserverà un totale disinteresse per essa da parte della maggioranza dei cittadini. A futura memoria, ricordiamoci chi furono gli osannati artefici. E forse neanche questo. Che solo a ricordarsela l’Italia e quello che gli hanno fatto, si prova tanto dolore che è meglio dimenticare. Dimenticarla. Per sempre. Senza alcuna inopportuna nostalgia. Andiamocene!